giovedì 8 settembre 2011

Una Nazione fuori dal Comune


Oggi ho assistito con grandissimo piacere e un pizzico di nostalgia a cosa significa sentiri parte di una comunità.
Un piccolo paese si è destato da un torpore troppo a lungo represso in un sonno profondo.
Molti dei suoi abitanti hanno fatto l'unica cosa che sanno fare le persone di buona volontà, si sono girati a destra e sinistra ed hanno trovato altre mani tese verso la loro direzione... l'effetto domino ha fatto il resto.
Vedere quei volti e quei sorrisi, vedere splendidi sessantenni con lo spirito di quando li hai conosciuti trentenni è qualcosa di emozionante e giusto.
La sera del dì di festa sarà solo un appendice ad una festa che in realtà si è già compiuta, ed ha un sapore antico ma modernissimo.

No. non servono Municipi per sentirsi cittadini, non servono gonfaloni e stendardi per sentirsi importanti, né serve appellarsi ad una storia che in realtà è solo li a testimoniare le divisioni secolari di una Nazione che mai si è fatta Patria.

Si può essere Comuni con meno di mille abitanti, ma si può ancor meglio essere persone fuori dal comune mettendo in campo il desiderio e la volontà di appartenenza a qualcosa che fa parte di noi ma è un po' più di noi, la nostra comunità.

L'Italia dei Comuni ha oggi troppo spesso lasciato spazio all'Italia dei campanili, ma le campane si sa, non sempre suonano a festa, qualche volta lo fanno a lutto, e le rivendicazioni di chi alza barriere e si oppone a fusioni con altre realtà circostanti è figlia della perenne visione anacronistica e immatura della storia tipica del Belpaese.

Io mi sento a casa di certo a casa mia, ma ancor più nella casa di chi sa trattare gli ospiti come fossero appartenenti alla loro stessa famiglia, è li che sta il mio tetto.

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