lunedì 13 giugno 2016

Participio passato

Si, a volte il sonno non arriva, e allora ti ritrovi a cercare di capire perché succede, e poi pensi al perché di tante altre cose. Il sonno non arriva ma arrivano i pensieri, e non vuol dire che siano per forza cattivi pensieri.
Un amico mi ha detto che bisogna imparare ad estraniarsi da ciò che ci succede, ed è vero. Tutte le volte che riesco a vivere anche dall'esterno quello che mi colpisce lo stomaco dall'interno, i contorni e i limiti cambiano. Ti accorgi che ciò che pensavi fosse indispensabile diventa dispensabile, si riduce di peso e volume, e l'importanza che aveva fino ad un attimo prima diventa diversa.
"Successo è solo accaduto, è un participio passato", si vince, spesso si perde, ma è successo in ogni caso.
Non sono migliore o peggiore di altri, sono solo io, e non saranno volti o voti a farmi da specchio per dirmi quello che sono, sono solo io.
Quando riesco a farmi le giuste domande allora arrivano anche le risposte giuste, sono le domande sbagliate che rischiano di mandarmi fuori strada. Certo l'età aiuta a mettere a fuoco il questionario vero, l'età aggiunge anni e lampioni alla carreggiata, poi c'è la bravura di chi riesce a guidare al buio e la follia di chi vuol "guidare a fari spenti nella notte" per vedere che succede. Il confine tra la bravura e la follia è sottile.
Più ci penso e più penso che le scelte non si fanno mai per caso, il caso è il nome che diamo alle svariate possibilità che si aprono di fronte alle scelte che compiamo.
Il sonno non arriva, ma i lampioni si accendono e la strada non è poi così buia come appariva. Io sono l'uomo dei lampioni e adesso ho sonno.




lunedì 3 marzo 2014

Primarie ad Urbino: Ritorno al Futuro parte IV


Chi si è visto al cinema i primi tre episodi di "Ritorno al futuro" non potrà che accorgersi che l'ultima puntata della serie è stata girata ad Urbino e riporta un'intera città, assieme a tutti i suoi abitanti, al 1980.....

Potrei buttarla sulla satira, scriverla in maniera ironica, ma non sono un comico, faccio ridere qualcuno pur senza essere un buffone né un giullare. Allora la scrivo come so fare....

Le primarie del PD ad Urbino: Londei in testa e la Muci che incalza dietro, entrambi se la vedranno al ballottaggio per diventare il candidato Sindaco PD di Urbino per i prossimi 5 anni.
Già sento tutti quelli che mi attaccheranno perché "le primarie sono uno strumento democratico e non si possono discutere, i cittadini vanno rispettati nelle loro decisioni"..... Risparmiatemi la paternale politically correct, io sono uscito da un partito proprio per poter dire ciò che penso senza recitare una parte, senza fare sorrisi di circostanza e ingurgitare merda facendola passare per cioccolata.

6 anni fa fui linciato verbalmente ad una assemblea del PD del 26/05/2008 perché dissi questo davanti a tutto il gotha della politica locale provinciale:

"ho passato trent’anni della mia vita ad Urbino, il comune simbolo del Partito Democratico della nostra provincia, almeno stando ai risultati elettorali. Il Pd non solo è il primo partito, ma è partito di maggioranza assoluta con il suo 56% dei voti. L’equazione sarebbe semplice, importiamo il modello Urbino per poter finalmente arrivare al principio di autosufficienza tanto caro a Veltroni, almeno fino a 5 giorni fa. 
Io invece vi dico perché Urbino rappresenta il fallimento dell’idea che ho io del Pd, ed in questo chiedo di dimenticare solo per un attimo il binomio consenso/politica. 
Gli elettori non hanno la possibilità di controllare efficacemente né l'attività dei dirigenti politici eletti, né l'organizzazione dell'intero sistema politico. Peraltro la partecipazione politica vera e propria è patrimonio di ben poche persone, spesso le più ricche, decisamente quelle con un lavoro che permette molto tempo a disposizione. 

Urbino è una città che lega la sua economia essenzialmente al trinomio Università, Sanità, Amministrazione. Se si ha tempo da perdere sarebbe opportuno prendere tutti i nomi degli impiegati di queste tre istituzioni per capire come il nepotismo e la rete clientelare abbiano giocato un peso enorme nel radicamento del partito sul territorio e nel suo conseguente risultato elettorale. Ovviamente tutti i concorsi sono stati fatti a regola d’arte, è difficile sicuramente trovare qualche appiglio legale per contestare l’assunzione di taluno o talaltro."

Nel suo piccolo un'analisi semplice che ognuno di noi ha spesso sentito e dichiarato, nulla di straordinario dunque, ma del tutto inopportuna se detta in un consesso dove vige la regola del "volemose bene" e dell'inchino al più forte. 
Oggi Urbino ha dimostro una volta di più di essere abitata da tanti Schettino che l'inchino lo sanno fare e non si curano se la nave sono decenni che è ormai incagliata in un colle dalla quale non ne vuol proprio sapere di scastrarsi.
Non arrabbiatevi, non vi sentite insultati, se non la pensate come me datemi dell'incoerente e del coglione, ignoratemi e continuate a vivere nelle vostre mura convinti che gli uomini che avete votato alle primarie non abbiano nessuna responsabilità in merito al degrado urbanistico e sociale di oggi.

Ad Urbino per voi va tutto bene, bene a tal punto che in un'Italia che fa della parola cambiamento un mantra ormai stanco e nauseante, si può ben ricandidare a Sindaco un uomo che il Sindaco l'ha fatto già nel 1980 e poi ha passato il proprio tempo nel Parlamento che più di ogni altro ha la responsabilità della decadenza italiana degli ultimi vent'anni.

Molti commentano la decisione di votare Londei con un ragionamento crepuscolare per la politica, ossia si vota Londei perché è la persona giusta per portare soldi ad Urbino, ha le conoscenza e gli agganci per muovere il denaro sotto i Torricini..... Incredibile, l'affermazione in questione è quanto di più lontano si possa sperare dalla classe politica, significa che per governare un'amministrazione servono conoscenze e amicizia ancor prima che idee e competenze, e questo mi fa schifo.

Certo, lo strumento è democratico, ma anche una bomba lanciata in acqua ammazza pescecani e pesci rossi in maniera democratica....., Ditemi voi se ad Urbino ci si mai stata un'opposizione degna di questo nome, ditemi voi se ad Urbino il partitone abbia mai avuto il coraggio di rinnovarsi negli atti concreti ancor prima che negli uomini, ditemi voi se Urbino così com'è vi piace, e soprattutto ditemi voi se siete gente LIBERA, gente che non deve ringraziare nessuno per il proprio posto di lavoro o per quello dei vostri figli, gente che non deve salutare qualcuno con benevolenza per essersi 'ricordati di loro'.
Non ne posso proprio più di vedere quelli che si ergono a paladini della democrazia con il sedere coperto da incarichi in enti parastatali, senza sapere nemmeno che la cosa più antidemocratica del mondo è non partire tutti con le stesse opportunità, antidemocratico è occupare ruoli e posizioni non per meriti ma per servilismo, antidemocratico è pensare che in fondo "è vero, quel posto l'ho avuto con un favore, ma sono capace e questo lo rende meno peccaminoso".

Tenetevi questa Urbino, che io pur guardandola dalla torre di Fermignano non smetterò mai per un attimo di amare, ma che mai più contribuirò ad affossare con pavida benevolenza verso i padroni della politica.

La vera rivoluzione non è quella dell'abbassamento dell'età media, la vera rivoluzione è il cambiamento nei fatti, le parole ormai le sanno usare quasi tutti, quasi tutti hanno "imparato a studiare per poterti fregare", ma in pochi hanno in mano l'arma più deflagrante dell'intero sistema politico locale e nazionale....... si chiama coerenza, ancor prima di coraggio.

martedì 25 febbraio 2014

Un milione di piccoli uomini


Ora io mi chiedo, ma chi ve lo fa fare di rovinarvi la vita in questo modo?

Parlo di voi, voi che fate politica locale, politica da squattrinati con la quale non ci si arricchisce ma nella quale rimanete invischiati, convinti ormai di essere utili alla società, in realtà utili solo a voi stessi, per risparmiare sedute dallo psicanalista e usare il vostro impegno politico per far rifornimento di autostima, per sentirvi importanti benché impotenti.
Voi che perdete il contatto con il mondo reale non perché girate in Ferrari, ma perché riducete quella che una volta era la passione di una vita ad una vita misera, dove l'ipocrisia e i personalismi la fanno da padrone, dove non si battaglia più sui temi e sulle posizioni di principio, ma sui nomi e sulle antipatia, dove a parole si proclama merito e competenze ma il merito vero è quello della fedeltà alla linea, al capo, a chi vince.
Mi fate tristezza perché nemmeno voi vi rendete conto di quanto la politica vi abbia trasformato. Siete i figli non riconosciuti di un paese che non vi vuole più, perché la vostra colpa è riempirvi la bocca di parole e la faccia di contraddizioni. Non avete le palle per riconoscerlo e vi sbarazzate di qualunque giudizio che va in questa direzione con la convinzione che sia intriso di rabbia, antagonismo e invidia.
No cari miei, non vi invidio, non invidio chi per tirare a campare si inventa un leader da seguire piuttosto che un idea da perseguire. Non vi invidio ma provo pena, perché siete ormai completamente assuefatti dal vostro piccolo ruolo, pur essendo pedine, siete pedine in una dama dove le regole per muoversi sono quelle degli accordi sottobanco, delle riunioni di facciata, delle telefonate ipocrite, delle pugnalate alle spalle, dei sorrisi di circostanza e delle battaglie a salve.

Siete voi il vero cancro della politica italiana, perché voi siete la poltiglia nella quale la politica di alto livello sguazza, siete voi che permettete che una persona che fa una battaglia di slogan intrisi di cambiamento e lotte al potere costituito poi sia capace di rimangiarsi tutto, e pur di diventare Presidente del Consiglio se ne sbatte le palle se deve passare dalle strettoie dell'incoerenza e della mancanza di etica, del tradimento e della faccia da deretano.

Il fine giustifica i mezzi? dipende qual'è il fine e quali sono i mezzi. il mio fine è un ritorno all'etica ormai eretica, un comportamento dove le parole anticipano i fatti che seguono e i fatti si accompagnano a parole e comportamenti in assonanza tra loro.

Ma tutto questo è irrealizzabile con queste basi, con gente che fa battaglie che mettono al centro lo strumento (il partito) piuttosto che la gente e la giusta causa.

Non sono tutti cosi? Si, lo sono. Chi rimane dentro questa macchina diventa o inutile o ingranaggio, ed anche il più piccolo degli ingranaggi fa girare il mostruoso orologio del conto alla rovescia.

Cosa? tutti sono così, anche chi non fa politica? In tutti prevale l'interesse personale a quello sociale? Abbiamo la classe politica che ci meritiamo? Balle, la differenza enorme e fondamentale è che chi decide di fare politica dovrebbe mettere al centro delle proprie azioni ciò che va a vantaggio delle Comunità, dovrebbe far prevalere l'interesse pubblico e non il proprio e quello della propria bottega. Questo rende differente l'operaio, l'imprenditore, il pensionato, dall'uomo politico. Se i primi mettono l'egoismo e l'interesse per se stessi davanti tutto la cosa non mi piace ma non posso accusarli di nulla se non commettono illegalità, ma se l'uomo politico fa la stessa cosa io lo giudico sull'etica e sulla coerenza e non sulla legalità delle proprie azioni (per questo tu Renzi potrai anche fare miracoli ma la tua vigliaccata, il tuo peccato originale non scolorirà mai nemmeno di fronte ai risultati).

Non mi bagno di nichilismo e menefreghismo, non mi sento un populista nel gridare il mio schifo e sono convinto che solo con il venir meno di privilegi diretti ed indiretti tutto questo possa cominciare a cambiare, ma ancor prima occorre la libertà, quella libertà intellettuale che ti permette di non essere figlio di nessuno e che ti rende capace di prendere le decisioni più giuste piuttosto che quelle più utili. Spezzate quel cazzo di catene e ricominciate a vivere da uomini piuttosto che da marionette, e senza rendervene conto la vostra stessa vita comincerà ad acquistare un senso, quel senso che avevate in tasca all'inizio del voto percorso e che avete gettato nel cesso assieme alla vostra dignità.


martedì 5 marzo 2013

Il mio nemico non ha divisa


Qualche mese fa, a novembre 2012, avevo parlato in un post degli "altri", o per meglio dire, di come spesso si tende a dividere con spiazzante e feroce dicotomia "chi la pensa come me da chi non la pensa come me", che portato in politica diventa l'immancabile noi e loro.


Le elezioni ci hanno consegnato un Paese che per molti è stato una sorpresa, ma in realtà, guardando ed osservando con attenzione tutto quello che stava avvenendo nella società italiana, non poteva che essere questo tipo di Paese.


Non voglio fare un analisi politica su ciò che è successo, l'ho fatto in alcuni post su Facebook; inoltre per questo tipo di considerazioni ci sono state e ci saranno firme molto più autorevoli e significative della mia per comprendere a fondo ciò che è stato il voto invernale.

Il mio muro invece voglio usarlo per dire a me stesso (e a quei pochi lettori che ci si imbattono) che mai come ora non riesco più a consegnarmi alla deriva del noi e loro, e dico questo dopo un percorso che mi ha visto impegnato per molti anni nell'attivismo politico. Un percorso dove la prima cosa che ti viene naturale fare, quella che ti si trasmette per osmosi stando dentro una parte (e magari un partito) è pensarsi diversi da coloro che non vedono il Mondo che ci circonda con gli stessi colori coi quali lo vediamo NOI.
Questo porta a rinunciare ai colori, tutto diventa bianco o nero, e le mille sfumature di grigio servono spesso a rendere più accettabile e politicamente corretto lo star dentro un meccanismo dove dall'altra parte dello specchio ci sono solo gli avversari, solo che quello non è uno specchio ma una porta girevole dove anche noi stessi diventiamo avversari agli occhi del "nemico".

Non si tratta di una prerogativa di una parte politica, lo facevano e lo fanno i vecchi partiti e lo fanno oggi coloro che vogliono spingere sulla propria diversità da quei vecchi partiti. Non si fanno chiamare nemmeno così, si fanno chiamare Movimento, questo rende tutto più trasversale e collettivo, ma non toglie nulla di quel bianco e nero col quale si è smacchiato non solo il giaguaro, ma tutto il panorama politico italiano.

Per me, dopo l'impegno diretto in politica, oggi è impossibile vedere nei compagni di viaggio di un tempo i nemici dell'oggi. Non nego che la rigidità di alcuni nei confronti di questo mio percorso sociale mi ha creato disagi personali con qualcuno che consideravo amico ma che è evaporato come la tessera di partito che ho restituito. In fondo questo non capita solo nella politica, gli abbagli si prendono nella vita, è la politica non è che parte di essa, e non è detto che sia un male né per me né per gli ex amici che in fondo non erano amici.

Quello che invece mi ha restituito una adolescenza a ritroso è stato il pensiero che fino a qualche anno fa non intaccava la mia effimera sicurezza. Chi vota ciò che io non voterei mai non sbaglia a prescindere, nemmeno chi ha votato Silvio Berlusconi.
Devo essere onesto, io non ho mai votato e mai voterò il Cavaliere, ma coloro che lo fanno non riesco più a vederli come nemici del popolo.

E' un po' come quando si smette di fumare, quelli che un tempo ti impedivano di vivere come un diritto la tua benedetta sigaretta erano dei rompipalle salutisti; oggi li guardi, magari hai ancora voglia di una sigaretta ma ti rendi conto che hanno le loro benedette ragioni.

Vogliamo parlare dei ciclisti? Non potevo sopportare quell'andare in coppia a prendersi la strada, oggi invece mi chiedo che palle sarebbe andare in fila indiana come tanti soldatini su una strada che è tanto loro che mia.

Si sono sprecate centinaia di post e parole su come sia incredibile che Berlusconi abbia preso ancora più di otto milioni di voti, di come Ambrosoli abbia perso in Lombardia con Maroni dopo il disastro Formigoni. Si è detto che andrebbero presi a schiaffi quegli elettori, che votano con il portafoglio in mano e con la coscienza addormentata. Io non ci credo, e non credo possibile convincerli delle mie ragioni, portarli magari sulle mie opinioni se indosso la mimetica del nemico e gli punto il laser rosso in fronte.

Con il Movimento sta accadendo la stessa cosa. Loro hanno cominciato prima chiamandosi fuori dalla politica tradizionale, e chi non li ha capiti è caduto mani e piedi nel loro gioco di guerra virtuale, sparando le frustrazioni di anni ed anni di fallimenti su chi su quei fallimenti ha costruito il proprio lasciapassare per la fuga dall'anonimato. E tutto questo non sembra destinato a finire, ha una radice storica nel popolo italiano che affonda nelle eterne lotte tra Guelfi e Ghibellini e che rende ogni cosa tifo, anche la politica, soprattutto la politica.

Come se ne esce? Non se ne esce ma mi piace pensare di esserne personalmente uscito, non indossando il collarino bianco e fingendo di essere diventato un laico che ragiona da prete. Non sono meglio di chi non la pensa come me né diverso o uguale a nessuno, sono semplicemente io. Non sono ciò che voto, non faccio diventare la squadra di appartenenza, il partito politico, il fine. Sono sempre e comunque il mezzo per ciò che voglio, e ciò che voglio è vedere che prima o poi, gli altri siamo noi.

P.s. Le mie idee, le mie opinioni, le mie posizioni rimangono tutte in campo. Non ho e non avrò mai per caratteristiche personali, un approccio ecumenico da "volemose bene", ma mai come oggi credo che l'unica opinione sbagliata sia quella che pretende di essere la sola.

mercoledì 28 novembre 2012

Partiti e partite.....



I giorni che sono seguiti alle primarie del centrosinistra sono stati pieni di parole e analisi, ma una su tutte mi ha colpito in generale, ed é anche quella che più di altre ha invaso la rete creando le contrapposizioni più evidenti, dolci o nette a seconda del buonsenso dei partecipanti al dibattito: le primarie come risposta all'antipolitica.....

Ne ha parlato il mio amico Ivan, così come ha fatto il mio amico Alessio, e nel mio piccolo l'ho fatto anche io.....

Noi e loro, la politica e l'antipolitica

Io ci rimango male ogni volta che si perde l'occasione per riavvicinare la gente, non alla politica, ma ai partiti. La politica non si fa solo nelle organizzazioni private chiamate partiti, ma in ogni singola azione. Lo si dice sempre ma in realtà non lo si pensa fino in fondo, ed é su questo che si costruisce il vero steccato tra partiti e società civile.

Poi molti della società civile sceglieranno comunque un partito al quale delegare la propria fetta di democrazia rappresentativa, qualcuno lo farà turandosi il naso ed altri lo faranno invece con convinzione. Ma molti decideranno di non farlo, per i più svariati motivi, e definirli antipolitica non solo é riduttivo ma offensivo.

Non mi piace chi ghettizza, sia che lo faccia Grillo sia che lo facciano con maggior stile gli uomini e le donne che fanno vita attiva di partito. Non mi piace perché crea i presupposti per una calcificazione della rottura evidente che c'è tra chi fa politica attraverso i partiti e chi sceglie altre vie, o chi semplicemente decide di stare alla finestra,

Non sono anarchici coloro che non votano, ne ignavi a prescindere, spesso sono esuli in Patria (cit.Diamanti), e gli esuli in realtà non godono della loro condizione, non amano essere semplicemente arrabbiati, ma cercano con lo sguardo all'orizzonte quella Patria fatta di ideali ed idee che il tempo e la realtà si sono portati via.

Io ho fatto politica di partito e non rinnego un sol giorno di quell'esperienza, perché grazie a quegli anni oggi posso essere maggiormente consapevole che non esistono differenze genetiche tra chi sta dentro un partito e chi sta fuori di esso, la differenza non sta nelle persone, semmai nell'influenza che l'organizzazione esercita in alcuni.

Il problema nasce proprio li, oggi spesso l'organizzazione sovrasta l'individuo e spesso lo fa richiamandosi al buon senso ed alla fedeltà alla 'casa madre', in realtà quello che mette la sordina alla voce di molti é il timore per il proprio futuro politico prima ancora che per il futuro politico del partito o del Paese in maggior misura.

La politica nei partiti é più difficile farla, farla bene, ed é per questo che ancora oggi credo che non si possa prescindere da organizzazioni di donne e uomini che si uniscono per dare un indirizzo alle scelte della collettività, ma questo non significa che esista una sola forma di organizzazione, non può esistere solo il partito come lo abbiamo imparato a conoscere, specie se la storia recente ci ha presentato il conto delle tante, troppe contraddizioni che la partitocrazia ha regalato agli italiani.

Bellissime quelle file con la gente che voleva esprimere il proprio parere alle primarie, non sono folli come li ha chiamati Grillo, ma nemmeno son folli quei ragazzi del Movimento 5 stelle che nella sala Bramante di Fermignano ci hanno fatto ancor di più capire come funziona la raccolta differenziata e le enormi collisioni che ci sono tra politica e affari (vedi Marche Multiservizi e gruppo Hera).

È invece folle pensare che questo divario sia insanabile. Io ho fatto la scelta di provare a ricucirlo all'esterno di un partito politico, perché credo che oggi quelle macchine non siano più revisionabili. Può darsi che mi sbagli, ma non sto certo a puntare il dito contro chi invece pensa sia possibile cambiare da dentro quelle organizzazioni politiche.

Noi e loro non esiste, esistono gli individui che fanno della loro vita, in ogni singola azione, un'azione politica, "al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell'intervento, al di là del fare o non fare politica, l'importante sarebbe continuare a "essere" politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini. E questo non è un diritto. È un dovere" (GG)

Chi cambierà questo stato di cose, quelli di noi che stanno dentro o quelli di noi che stanno fuori, non farà vincere una parte ma regalerà la vittoria a tutti.
L'unica condizione sta proprio nel non pensare alla vittoria come trionfo della propria squadra, perché sarebbe come giocare un campionato, ed é così che i partiti hanno 'giocato' gli ultimi trent'anni..... Si gioca per giocare bene, per far divertire la gente sugli spalti, sulle poltrone di casa, sui luoghi di lavoro, a scuola, in ospedale. E me ne importa poco della maglia che porto, perché a pelle nuda rimango e rimarrò sempre italiano.... Ed oggi che non rischio più equivoci lo dico e lo ridico, forza Italia.... Tutta

domenica 30 settembre 2012

Tingolo libera tutti


Faccio fatica, mi sforzo, ma faccio veramente tanta fatica a non giudicare. Poi ci penso un attimo e mi consolo da solo, perché i pensieri non sono per forza giudizi, ma sono opinioni, e diventano giudizi se pretendiamo di trasformarli in verità.

Ognuno ha diritto alla sua opinione, al suo angolo di verità, con la prescrizione che si tratti per l'appunto di un angolo e comprendendo quindi che la 'panoramica' delle verità fa un giro di 360°.
Una volta non ero così, avevo bisogno di certezze assolute, di colonne di assiomi alle quali incatenarmi per non sentire il peso insostenibile della leggerezza della relatività. Nella nostra tradizione cattolica ci hanno fatto crescere con il senso di colpa del relativismo, ci hanno detto che c'è sembre il bene ed il male, il giusto e lo sbagliato, ma non ci hanno mai spiegato chi sono i giudici, se non dipingendoli con una lunga barba, piegati dal tempo e con una tavola di marmo nelle mani che serviva a segnare indelebilmente i cattivi da una parte e i buoni dall'altra.

Poi il tempo inevitabilmente scorre, come scorrono le esperienze che ti fai e i pensieri ad essi sottesi, gli elabori e rielabori fino al momento in cui decidi che quelle colonne alle quali ti eri volontariamente incatenato ti fanno vivere come quei poveri cani bastardi che limitano il loro mondo in base alla magnanimità concessa dal padrone, misurata appunto sulla lunghezza della catena. Oggi ti concedo 10 metri di verità, domani se non abbai troppo ti faccio anche fare un giro dell'isolato e se mi va ti faccio anche fare la pipi.

A me piace fare la pipì dove capita, e vi prego, questa è una metafora prima che mi prendiate per un ribelle delle toilette private o pubbliche che siano

Non è un 'liberi tutti', non significa come mi ha accusato qualcuno che 'ognuno secondo questo ragionamento può fare ciò che vuole', significa molto più semplicemente che la libertà di ogni nostra azione, opinione e inazione è l'unica colonna senza basamento per cui valga la pena vivere. Assieme alla libertà ho imparato a crescere un altro fondamentale valore, anche questo per forza di cose mai assoluto e solo relativo, ossia il rispetto.

Esco da questa filosofeggiante ed estemporanea considerazione per parlare di un esempio sciocco ma che mi ha infastidito. Le caterve di insulti che ho letto sul web a "quegli imbecilli che hanno fatto la fila per comprarsi l'ultimo iPhone di casa Apple".... e via con il dispensare la Verità: "In Italia ci meritiamo tutto questo se la gente scende in strada per comprarsi un telefonino da 730 euro e mai per fare le rivoluzioni", come se gli inquisitori del web avessero una mano sulla tastiera e nell'altra tenessero una molotov, come se scrivere di un'idiozia li facesse sentire migliori, incompresi e in attesa di qualcuno che li guidi alla rivoluzione sociale, che oggi non arriva, domani forse, ma dopodomani sicuramente....

Ognuno è libero di spendere come vuole i propri soldi, lo si può condividere o meno, lo si sceglie di farlo o meno, ma mai purtorppo ci si domanda se nelle tv al plasma prese a rate, nei viaggi fatti con i finanziamenti, nelle auto pluriaccessoriate comprate  anche queste a rate, ci sia la libertà di decidere di essere o meno congruenti al giudizio che si ha degli altri.

"Non capisco quegli idioti che fanno chilometri e chilometri per vedere quattro milionari viziati che giocano con un pallone", e via alla fiera del giudizio, dove a quattro soldi puoi trovare quello che più ti ripulisce la coscienza e ti regala autostima......

Solo una cosa io non concepisco, che in un Paese non si faccia nulla per la libertà, e per mettere il maggior numero possibile di persone nelle condizioni di poterla esercitare. Non vorrò mai uno Stato Etico, ma uno Stato e basta, che cerchi di rimuovere gli ostacoli che troppo spesso impediscono ad ogni libero cittadini di rischiarte la popria libertà per star meglio, perché un cittadino che sta meglio può far star meglio altri suoi 'colleghi'.....  
La mia libertà finisce dove comincia la vostra diceva M.L..King, che prima di diventare una via di Fermignano ed un'icona era semplicemente un uomo che aveva capito una cosa semplicissima, la libertà è l'unico diritto per il quale vale la pena morire, e questa non è un opinione, è un giudizio.

Cerco allora nei miei ricordi di infanzia, e questo post nasce proprio dal vociare di bambini che dalla mia finestra ascolto giocare a nascondino. Ora come allora capisco che il numero uno rimane sempre il Signor Tingolo, perché Tingolo libera tutti.....

Attento che cadi

 L'Italia non cambia perchè noi non cambiamo. Siamo una Repubblica fondata sulla prudenza, i figli non sentono più la necessità di ribellarsi ai padri e quindi finiscono per ripetere gli stessi gesti, le stesse idee, le stesse strategie

"Fin da piccini la mamma ci dice «attento ad attraversare la strada», «mettiti la canottiera che ti ammali» e cosi via. Siamo cresciuti con la regola di essere cauti, nel lavoro, nella carriera, nella vita di ogni giorno. Ci hanno insegnato a non indispettire i potenti perché «non si sa mai». Ci hanno sempre consigliato di non criticare troppo nel caso che le vittime delle nostre critiche, un giorno, si trovassero in una posizione da dove potrebbero aiutare, spingere, far salire di grado. Attento! È il motto della nostra cultura. Oggi però le cose sono cambiate. Se prima la prudenza c’insegnava a stare defilati, nell’ombra ad aspettare che qualcuno ci aprisse la porta giusta, oggi le nuove generazioni sono contagiate da quella malattia infantile che si chiama «visibilità». Essere visibili è essenziale. Il tasso della nostra visibilità fa punteggio nel nostro curriculum. «Sapersi muovere bene» è diventato quasi un titolo di studio. Il problema è però essere visibili, muoversi bene ma al tempo stesso rimanere prudenti, non indispettire i padri, i padroni, i potenti. Farsi vedere ma mai essere «contro». Mai apparire ribelli verso coloro che ancora stanno nelle stanze dei bottoni. Il Codardo Rampante studia il territorio, cerca il consenso, compreso quello dei padri. Cosi facendo ha spesso successo. Ma il suo successo è un successo che come si dice in inglese «sta sempre nel punto giusto della curva», mai indietro, ma nemmeno mai avanti.

Il rischio è sempre calcolatissimo al punto che non è nemmeno più un rischio. Senza il rischio però nessuna innovazione, nessuna rivoluzione, nessun stravolgimento di idee o linguaggi ma semplicemente un aggiornamento di quello che c’è, di quello che «funziona», di quello che «fa stampa». Le stesse cose solo confezionate meglio. Arrivare in vetta salendo sulle spalle dei coetanei meno visibili ma sempre attaccati alla corda dei padri. Paura di perdere. Quindi pareggio. Questa mentalità è un grosso problema per la società e la sua cultura che trovano la propria vitalità e la propria crescita in quel continuo alternarsi di trionfi e sconfitte, di crisi e prosperità, di errori e cose azzeccate. Sbagliando s’impara. Ma oggi si vuole solo imparare a vincere senza correre il rischio di sbagliare. I grandi artisti creano i propri capolavori attraversando un oceano d’incertezze, ripensamenti, sbagli e tentativi andati a vuoto. Non è un caso che chi oggi dipinge come Leonardo ma non ha idee non diventerà mai un grande artista. 

I padri servono come esempi, buoni e cattivi, dopodiché, vanno superati, con rispetto ma anche con coraggio. Non si può capire la bellezza della luce che c’è sulla vetta se non abbiamo conosciuto il buio della valle più profonda, mi pare abbia detto Nixon nel suo discorso di addio alla Casa Bianca dopo lo scandalo del Watergate. Non si può fare o entrare nella storia partendo da mezza collina sempre con il sole sopra le nostre teste. Per crescere è necessario essere un po’ meno prudenti e un po’ più impudenti. Conquistare la sommità non è nemmeno divertente se ci si arriva in elicottero. 

È colui che ha inventato l’elicottero quello che ha cambiato il modo di volare non coloro che possono usarlo, magari perché arrampicandosi sono diventati amici di chi ha potuto comprarselo. (cit.LS)