mercoledì 28 novembre 2012

Partiti e partite.....



I giorni che sono seguiti alle primarie del centrosinistra sono stati pieni di parole e analisi, ma una su tutte mi ha colpito in generale, ed é anche quella che più di altre ha invaso la rete creando le contrapposizioni più evidenti, dolci o nette a seconda del buonsenso dei partecipanti al dibattito: le primarie come risposta all'antipolitica.....

Ne ha parlato il mio amico Ivan, così come ha fatto il mio amico Alessio, e nel mio piccolo l'ho fatto anche io.....

Noi e loro, la politica e l'antipolitica

Io ci rimango male ogni volta che si perde l'occasione per riavvicinare la gente, non alla politica, ma ai partiti. La politica non si fa solo nelle organizzazioni private chiamate partiti, ma in ogni singola azione. Lo si dice sempre ma in realtà non lo si pensa fino in fondo, ed é su questo che si costruisce il vero steccato tra partiti e società civile.

Poi molti della società civile sceglieranno comunque un partito al quale delegare la propria fetta di democrazia rappresentativa, qualcuno lo farà turandosi il naso ed altri lo faranno invece con convinzione. Ma molti decideranno di non farlo, per i più svariati motivi, e definirli antipolitica non solo é riduttivo ma offensivo.

Non mi piace chi ghettizza, sia che lo faccia Grillo sia che lo facciano con maggior stile gli uomini e le donne che fanno vita attiva di partito. Non mi piace perché crea i presupposti per una calcificazione della rottura evidente che c'è tra chi fa politica attraverso i partiti e chi sceglie altre vie, o chi semplicemente decide di stare alla finestra,

Non sono anarchici coloro che non votano, ne ignavi a prescindere, spesso sono esuli in Patria (cit.Diamanti), e gli esuli in realtà non godono della loro condizione, non amano essere semplicemente arrabbiati, ma cercano con lo sguardo all'orizzonte quella Patria fatta di ideali ed idee che il tempo e la realtà si sono portati via.

Io ho fatto politica di partito e non rinnego un sol giorno di quell'esperienza, perché grazie a quegli anni oggi posso essere maggiormente consapevole che non esistono differenze genetiche tra chi sta dentro un partito e chi sta fuori di esso, la differenza non sta nelle persone, semmai nell'influenza che l'organizzazione esercita in alcuni.

Il problema nasce proprio li, oggi spesso l'organizzazione sovrasta l'individuo e spesso lo fa richiamandosi al buon senso ed alla fedeltà alla 'casa madre', in realtà quello che mette la sordina alla voce di molti é il timore per il proprio futuro politico prima ancora che per il futuro politico del partito o del Paese in maggior misura.

La politica nei partiti é più difficile farla, farla bene, ed é per questo che ancora oggi credo che non si possa prescindere da organizzazioni di donne e uomini che si uniscono per dare un indirizzo alle scelte della collettività, ma questo non significa che esista una sola forma di organizzazione, non può esistere solo il partito come lo abbiamo imparato a conoscere, specie se la storia recente ci ha presentato il conto delle tante, troppe contraddizioni che la partitocrazia ha regalato agli italiani.

Bellissime quelle file con la gente che voleva esprimere il proprio parere alle primarie, non sono folli come li ha chiamati Grillo, ma nemmeno son folli quei ragazzi del Movimento 5 stelle che nella sala Bramante di Fermignano ci hanno fatto ancor di più capire come funziona la raccolta differenziata e le enormi collisioni che ci sono tra politica e affari (vedi Marche Multiservizi e gruppo Hera).

È invece folle pensare che questo divario sia insanabile. Io ho fatto la scelta di provare a ricucirlo all'esterno di un partito politico, perché credo che oggi quelle macchine non siano più revisionabili. Può darsi che mi sbagli, ma non sto certo a puntare il dito contro chi invece pensa sia possibile cambiare da dentro quelle organizzazioni politiche.

Noi e loro non esiste, esistono gli individui che fanno della loro vita, in ogni singola azione, un'azione politica, "al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell'intervento, al di là del fare o non fare politica, l'importante sarebbe continuare a "essere" politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini. E questo non è un diritto. È un dovere" (GG)

Chi cambierà questo stato di cose, quelli di noi che stanno dentro o quelli di noi che stanno fuori, non farà vincere una parte ma regalerà la vittoria a tutti.
L'unica condizione sta proprio nel non pensare alla vittoria come trionfo della propria squadra, perché sarebbe come giocare un campionato, ed é così che i partiti hanno 'giocato' gli ultimi trent'anni..... Si gioca per giocare bene, per far divertire la gente sugli spalti, sulle poltrone di casa, sui luoghi di lavoro, a scuola, in ospedale. E me ne importa poco della maglia che porto, perché a pelle nuda rimango e rimarrò sempre italiano.... Ed oggi che non rischio più equivoci lo dico e lo ridico, forza Italia.... Tutta

domenica 30 settembre 2012

Tingolo libera tutti


Faccio fatica, mi sforzo, ma faccio veramente tanta fatica a non giudicare. Poi ci penso un attimo e mi consolo da solo, perché i pensieri non sono per forza giudizi, ma sono opinioni, e diventano giudizi se pretendiamo di trasformarli in verità.

Ognuno ha diritto alla sua opinione, al suo angolo di verità, con la prescrizione che si tratti per l'appunto di un angolo e comprendendo quindi che la 'panoramica' delle verità fa un giro di 360°.
Una volta non ero così, avevo bisogno di certezze assolute, di colonne di assiomi alle quali incatenarmi per non sentire il peso insostenibile della leggerezza della relatività. Nella nostra tradizione cattolica ci hanno fatto crescere con il senso di colpa del relativismo, ci hanno detto che c'è sembre il bene ed il male, il giusto e lo sbagliato, ma non ci hanno mai spiegato chi sono i giudici, se non dipingendoli con una lunga barba, piegati dal tempo e con una tavola di marmo nelle mani che serviva a segnare indelebilmente i cattivi da una parte e i buoni dall'altra.

Poi il tempo inevitabilmente scorre, come scorrono le esperienze che ti fai e i pensieri ad essi sottesi, gli elabori e rielabori fino al momento in cui decidi che quelle colonne alle quali ti eri volontariamente incatenato ti fanno vivere come quei poveri cani bastardi che limitano il loro mondo in base alla magnanimità concessa dal padrone, misurata appunto sulla lunghezza della catena. Oggi ti concedo 10 metri di verità, domani se non abbai troppo ti faccio anche fare un giro dell'isolato e se mi va ti faccio anche fare la pipi.

A me piace fare la pipì dove capita, e vi prego, questa è una metafora prima che mi prendiate per un ribelle delle toilette private o pubbliche che siano

Non è un 'liberi tutti', non significa come mi ha accusato qualcuno che 'ognuno secondo questo ragionamento può fare ciò che vuole', significa molto più semplicemente che la libertà di ogni nostra azione, opinione e inazione è l'unica colonna senza basamento per cui valga la pena vivere. Assieme alla libertà ho imparato a crescere un altro fondamentale valore, anche questo per forza di cose mai assoluto e solo relativo, ossia il rispetto.

Esco da questa filosofeggiante ed estemporanea considerazione per parlare di un esempio sciocco ma che mi ha infastidito. Le caterve di insulti che ho letto sul web a "quegli imbecilli che hanno fatto la fila per comprarsi l'ultimo iPhone di casa Apple".... e via con il dispensare la Verità: "In Italia ci meritiamo tutto questo se la gente scende in strada per comprarsi un telefonino da 730 euro e mai per fare le rivoluzioni", come se gli inquisitori del web avessero una mano sulla tastiera e nell'altra tenessero una molotov, come se scrivere di un'idiozia li facesse sentire migliori, incompresi e in attesa di qualcuno che li guidi alla rivoluzione sociale, che oggi non arriva, domani forse, ma dopodomani sicuramente....

Ognuno è libero di spendere come vuole i propri soldi, lo si può condividere o meno, lo si sceglie di farlo o meno, ma mai purtorppo ci si domanda se nelle tv al plasma prese a rate, nei viaggi fatti con i finanziamenti, nelle auto pluriaccessoriate comprate  anche queste a rate, ci sia la libertà di decidere di essere o meno congruenti al giudizio che si ha degli altri.

"Non capisco quegli idioti che fanno chilometri e chilometri per vedere quattro milionari viziati che giocano con un pallone", e via alla fiera del giudizio, dove a quattro soldi puoi trovare quello che più ti ripulisce la coscienza e ti regala autostima......

Solo una cosa io non concepisco, che in un Paese non si faccia nulla per la libertà, e per mettere il maggior numero possibile di persone nelle condizioni di poterla esercitare. Non vorrò mai uno Stato Etico, ma uno Stato e basta, che cerchi di rimuovere gli ostacoli che troppo spesso impediscono ad ogni libero cittadini di rischiarte la popria libertà per star meglio, perché un cittadino che sta meglio può far star meglio altri suoi 'colleghi'.....  
La mia libertà finisce dove comincia la vostra diceva M.L..King, che prima di diventare una via di Fermignano ed un'icona era semplicemente un uomo che aveva capito una cosa semplicissima, la libertà è l'unico diritto per il quale vale la pena morire, e questa non è un opinione, è un giudizio.

Cerco allora nei miei ricordi di infanzia, e questo post nasce proprio dal vociare di bambini che dalla mia finestra ascolto giocare a nascondino. Ora come allora capisco che il numero uno rimane sempre il Signor Tingolo, perché Tingolo libera tutti.....

Attento che cadi

 L'Italia non cambia perchè noi non cambiamo. Siamo una Repubblica fondata sulla prudenza, i figli non sentono più la necessità di ribellarsi ai padri e quindi finiscono per ripetere gli stessi gesti, le stesse idee, le stesse strategie

"Fin da piccini la mamma ci dice «attento ad attraversare la strada», «mettiti la canottiera che ti ammali» e cosi via. Siamo cresciuti con la regola di essere cauti, nel lavoro, nella carriera, nella vita di ogni giorno. Ci hanno insegnato a non indispettire i potenti perché «non si sa mai». Ci hanno sempre consigliato di non criticare troppo nel caso che le vittime delle nostre critiche, un giorno, si trovassero in una posizione da dove potrebbero aiutare, spingere, far salire di grado. Attento! È il motto della nostra cultura. Oggi però le cose sono cambiate. Se prima la prudenza c’insegnava a stare defilati, nell’ombra ad aspettare che qualcuno ci aprisse la porta giusta, oggi le nuove generazioni sono contagiate da quella malattia infantile che si chiama «visibilità». Essere visibili è essenziale. Il tasso della nostra visibilità fa punteggio nel nostro curriculum. «Sapersi muovere bene» è diventato quasi un titolo di studio. Il problema è però essere visibili, muoversi bene ma al tempo stesso rimanere prudenti, non indispettire i padri, i padroni, i potenti. Farsi vedere ma mai essere «contro». Mai apparire ribelli verso coloro che ancora stanno nelle stanze dei bottoni. Il Codardo Rampante studia il territorio, cerca il consenso, compreso quello dei padri. Cosi facendo ha spesso successo. Ma il suo successo è un successo che come si dice in inglese «sta sempre nel punto giusto della curva», mai indietro, ma nemmeno mai avanti.

Il rischio è sempre calcolatissimo al punto che non è nemmeno più un rischio. Senza il rischio però nessuna innovazione, nessuna rivoluzione, nessun stravolgimento di idee o linguaggi ma semplicemente un aggiornamento di quello che c’è, di quello che «funziona», di quello che «fa stampa». Le stesse cose solo confezionate meglio. Arrivare in vetta salendo sulle spalle dei coetanei meno visibili ma sempre attaccati alla corda dei padri. Paura di perdere. Quindi pareggio. Questa mentalità è un grosso problema per la società e la sua cultura che trovano la propria vitalità e la propria crescita in quel continuo alternarsi di trionfi e sconfitte, di crisi e prosperità, di errori e cose azzeccate. Sbagliando s’impara. Ma oggi si vuole solo imparare a vincere senza correre il rischio di sbagliare. I grandi artisti creano i propri capolavori attraversando un oceano d’incertezze, ripensamenti, sbagli e tentativi andati a vuoto. Non è un caso che chi oggi dipinge come Leonardo ma non ha idee non diventerà mai un grande artista. 

I padri servono come esempi, buoni e cattivi, dopodiché, vanno superati, con rispetto ma anche con coraggio. Non si può capire la bellezza della luce che c’è sulla vetta se non abbiamo conosciuto il buio della valle più profonda, mi pare abbia detto Nixon nel suo discorso di addio alla Casa Bianca dopo lo scandalo del Watergate. Non si può fare o entrare nella storia partendo da mezza collina sempre con il sole sopra le nostre teste. Per crescere è necessario essere un po’ meno prudenti e un po’ più impudenti. Conquistare la sommità non è nemmeno divertente se ci si arriva in elicottero. 

È colui che ha inventato l’elicottero quello che ha cambiato il modo di volare non coloro che possono usarlo, magari perché arrampicandosi sono diventati amici di chi ha potuto comprarselo. (cit.LS)

venerdì 31 agosto 2012

Passaporto per l'inferno (con aria condizionata)

Il mio ritorno al blog nasce solo dalla voglia di mettere in condivisione pensieri che tante volte rimangono nel cassetto della mia mente.

Ecco, ogni tanto succede all'improvviso di ripulire la soffitta o di mettere mano al garage, in maniera non preventivata e senza che tua moglie ti 'costringa' a farlo con la tecnica della goccia che cade sulla testa ogni 5 minuti.

Oggi sulla testa mi è caduto un getto d'acqua, una doccia rigenerante che mi ha portato a questo blog, così, tanto per scrivere, perché poi i pensieri vanno fermati, altrimenti se li porta via il fiume.

Sono mesi che ho abbandonato la politica attiva all'interno di un partito organizzato, e questa scelta è stata presa da me in prima persona, senza che nessuno mi costringesse a prenderla o senza finire in nessuna lista di indesiderati. L'ho fatta perché ho preso atto nel tempo che molti degli amici che mi avvertivano del finale, questo finale, in effetti avevano ragione, e quando qualcuno merita che gli si riconosca la sua lungimiranza è giusto essere in buona fede e farlo.

Mi avevano detto tante cose, del tipo:

"E' inutile che ti impegni tanto, la tua passione e le tue eventuali competenze non servono all'interno di un partito, serve solo che tu ti attacchi alla giacca di un potente e lo segui dandogli sempre ragione, aspettando così il tuo turno"

"Guarda che il partito si rinnova, ma in realtà si abbassa solo l'età media, si ringiovanisce e basta, non è un problema di età ma di comportamenti, e se i comportamenti sono sbagliati lo sono a presindere dalla carta dìidentità di chi li mette in atto"

"Fatti furbo, diventa amico di qualche giovani di belle speranze e vedi di finire alla sua corte, solo così puoi farti notare meglio"

"Smettila di dire sempre la tua, non è la tua opinione che interessa, specie se questa non è in linea con il pensiero della maggioranza"

e mi fermo qua, per dire che su tante cose avevano ragione gli amici miei, quelli veri, quelli che c'erano prima della politica e ci sono ancora oggi, dopo che quell'avventura è finita.
Ma non avevano e non hanno ragione sul fatto che questa esperienza non andava fatta. Io ho provato per più di cinque anni a metter mano da dentro ad un nuovo modo di fare politica, ed ho incontrato gente più competente ed appassionata di me che ha tentato di fare la stessa cosa. Ho incontrato molti che hanno nutrito le mie speranze e che oggi coltivaano il mio stesso rammarico.

Ma non è per me e la mia persona che mi dispiace (io faccio oggi quel che facevo prima, ho la coscienza a posto e non devo dire grazie a nessuno), mi dispiace invece per noi tutti, per chi vota e per chi non vota, per chi ama questo Paese e per chi lo detesta, per i nostri figli ai quali non potremmo regalare un futuro migliore del nostro e per i nostri nonni di fronte ai quali abbiamo dilapidato fatiche e miserie per ritrovarci con niente nelle mani.

Si, perché questo Paese è morto, e oggi se devo essere sincero non vedo nessuna persona alla quale affidare la mia delega attraverso il mio voto, tutti i partiti parlano ai loro tifosi, tutti, e non c'è nessuno invece che ha l'ambizione di parlare a tutti.
I partiti sono di parte per definizione, ma se vogliono ritrovare la fiducia della gente dovrebbero andare oltre i loro recinti, non avere paura degli insulti, prenderseli tutti perché la maggior parte se li meritano. Invece no, qui l'importante è solo vincere le prossime elezioni, e se poi il Paese va a puttane poco importa, loro sono comunque contenti di sventolare la loro bandiera, come si sventola quella di una squadra di calcio.

Mi è stato detto che io non so stare dentro un partito, è vero e me ne faccio un vanto, se questi sono i partiti io non ci so stare dentro. I partiti sono uno strumento e non una soluzione, non è una Chiesa Laica dove ci si sta rassegnati, né una continua lotta di potere di corte per spodestare il Re sul trono. C'è chi ancora crede che i partiti siano riformabili dall'interno, io non solo non ci credo più, ma al contrario credo che lotte di questo tipo, fatte in buona fede, non fanno altro che rafforzare la nomenclatura di chi da anni lavora per autoconservarsi e per chi da meno anni lavora perché arrivi il proprio turno di autoconservazione.

Non so quale sia la soluzione, ma in tutta sincerità oggi non mi sento più addosso la convinzione di cambiare il Paese, semmai piuttosto di cambiare Paese e andarmene all'estero. Certo, li non c'è il Paradiso, ma anche se si trattasse solo di cambiare girone all'inferno ci sarebbe comunque la sensazione di essersi lasciati alle spalle qualcosa di immutabile e perenne per un posticino nuovo con fiamme e aria condizionata.

Poi magari mi sbaglio su tutto, poi magari succede che ci svegliamo domani in una Italia dove competenze e merito la fanno da padroni, e dove i più deboli non sono assistiti ma guidati a tenersi in piedi con le proprie gambe, e magari succede anche che la classe politica si svesta di privilegi e spocchia per sentirsi al servizio dei cittadini. E perché no, magari un giorno succede anche che i tifosi dei partiti comincino a ripiegare le loro bandiere per prendere in mano cartelli di protesta e proposta, e..... e..... e.......

E poi mi sveglio e controllo se ho rinnovato il passaporto.

mercoledì 9 maggio 2012

Cento Passi su di un tapis roulant



Questo lo scrissi esattamente 2 anni fa. Non che pensassi che le cose potessero cambiare in 600 giorni, ma peggiorare addirittura sotto la ghigliottina del disastro economico no!

"Voglio andare a fondo, anche a costo di risulare sgradevole e avventato..... ma vale la pena provarci
Molti sanno che sono passati 32 anni dalla morte di Peppino Impastato, l'ho trovato letto e scritto da varie parti su FB, sui blog e nella rete in generale. Il silenzio della carta stampata e delle Tv è in questo senso molto più sordo e denso di significato.
Non credo che Impastato volesse diventare un santino, un'icona da sfoggio aforismatico o da appendere in una sezione di partito. Peppino voleva semplicemente vivere in una terra fondata sulla libertà e sulla giustizia. dove la criminalità organizzata non fosse la prima azienda italiana per fatturato (circa 100 miliardi di euro all'anno pari all'8% del Pil).
Allora mi domando, questi famosi 100 passi, in che direzione sono stati fatti? Passi che si sono mossi su un tapis roulant e che hanno lasciato l'Italia di oggi ferma a quel maledetto 1978. Un paese dove oggi le mafie hanno cambiato strategia, sempre più spesso hanno abbandonato la lupara per il mouse, ma che ancora rappresentano la più grossa zavorra per il futuro del nostro paese.
Impastato, Siani, Falcone, Borsellino, Dalla Chiesa, e tanti altri martiri nel corso degli anni non hanno potuto impedire, con il loro sacrificio, che il nostro paese fosse ancora l'inferno di Gomorra.
E allora la violenza delle morti dei martiri a che è servita?
La classe politica degli ultimi 30 anni e la società civile sottesa ad essa, non hanno fatto lo sforzo di operare per la bonifica del più grosso deficit economico-politico-culturale- sociale, non possiamo non dircelo. I pochi che hanno continuato a percorrere quei cento passi sono ancora oggi visti come martiri potenziali in cammino su di un campo minato, pronti a saltare sulla prima mina.
Morti che sono finiti a riempire sceneggiature di film e di libri, ma che hanno poco riempito le coscienze soprattutto di una classe dirigente che aveva, ha e avrà il dovere di lottare culturalmente contro la criminalità organizzata.
Libertà e giustizia, le uniche fondamenta sulle quali possiamo sperare di costruire un Paese diverso.
Basta alla follia del contrasto all'immigrazione, alla follia della secessione virtuale , che sarebbe come a dire "bruciate nelle vostre case" facendo finta di non sapere ormai che la mafia è negli uffici milanesi tanto quanto sulle campagne dell'Aspromonte. Basta anche con la follia del nazionalismo che vorrebbe chiudere le porte all'esterno, all'Europa e al mondo, quasi a voler morire da soli nel monossido di carbonio della nostra Italica rassegnazione.
La speranza (la truffa della speranza per dirla alla Monicelli),. ormai non basta più. E' la politica attraverso l'esercizio di un forte impulso culturale da spargere sulla società, che può e deve risolverci il problema. L'assenza della politica ce lo ha regalato, il suo esercizio deve debellare il cancro.
E noi, nel nostro piccolo, dobbiamo essere chirurghi del nostro microcosmo, ribellandoci alle ingiustizie e alle angherie che ormai diamo per scontato che facciano parte del nostro mondo."

lunedì 7 maggio 2012

UN, DUE, TRE...... STELLA


Ci sono momenti in cui un uomo decide volontariamente di tornare bambino, questo per me è uno di quei momenti.

LETTERA DI AMORE AD UNA VECCHIA SIGNORA

Sono passati 5 anni, 9 mesi e 13 giorni da quando una dirigenza mediocre e un processo alle intenzioni ti hanno costretto a chinare la testa e a ricominciare da capo.

Non è stato facile, sono stai fatti errori, ma oggi hai ripreso con gli interessi quel che ti era dovuto. hai guardato tutti negli occhi e non ti sei piegata a nessuno, hai lasciato il campo senza mai l'onta di una sconfitta, e soprattutto hai vinto giocando il calcio più bello d'Italia.
E noi siamo qui con te, nonostante tutto e tutti. Ci chiameranno ancora ladri, ci chiameranno in tutti i modi vorranno chiamarci, ma oggi il cielo per tutti gli altri è un po' più nero, mentre il nostro brilla, perché c'è una stella in più a illuminare la nostra storia.

Vincere con Zidane, Vialli, Davids, Camoranesi, Del Piero, spesso è stato facile e bello, ma farlo con Giaccherini, Matri, Barzagli, Pepe e tutti gli altri è ancora più bello e inaspettato.
Ci è voluto un Conte per risvegliare una Vecchia Signora, ci è voluto l'orgoglio di tutti coloro che per questi sei lunghi anni si sono visti costretti ad aspettare, a pazientare, perché i fiori si possono tagliare, ma non si potrà mai fermare la primavera, e la nostra primavera è arrivata stasera.

Alla fine, quelli che vincono sono coloro che pensano di poterlo fare, e per tutta la stagione, senza mai urlarlo, tutti abbiamo pensato che un campionato come qnon potevamo perderlo, non sarebbe stato giusto... "L'importante è partecipare"?  E' sempre vero per chi arriva secondo, ma il secondo è il primo degli ultimi.

Le dietrologie, le accuse, il veleno, la mancanza di sportività, sono malattie che non hanno bandiera. in fondo il calcio è bellissimo perché anche il numero 1 del Mondo può commettere un errore che mette a rischio uno Scudetto. Può succedere perché è solo un uomo, come sono uomini gli arbitri, coloro che nel prendere una decisione non possono ricorrere alla divinità ma alle loro capacità, ma spesso non basta, ed è bello così.

Chi ha sempre pensato che in passato tutto fosse scritto, che ancora oggi tutto è sistemato a tavolino, è il principale responsabile del declino di questo sport, ed il primo degli stolti, perché se io davvero pensassi che dietro ad un gol non visto ci sia la malafede, me ne starei ben lontano da questo circo, ed invece coloro che continuano a parlare di furti e di dolo e imperterriti se ne rimangono lì sotto il tendone servono in fondo a recitare la parte dei pagliacci.

Non possono mancare i miei complimenti per la grande squadra che ci siamo messi alle spalle, il Milan, ma nessun complimento al suo allenatore ed al suo Presidente, due uomini incapaci di ammettere i propri limiti e pronti a giustificarsi solo dietro episodi a senso unico. Un grazie anche all'Inter che dignitosamente ha chiuso uno dei suoi peggiori campionati: dal 5 maggio 2002 al 6 maggio 2012 sono passati 10 anni, il finale è sempre lo stesso ma la Milano che piange ha colori diversi.

Saranno sempre 30 le nostre medaglie sul petto, e saranno lì anche senza il vostro rispetto.


Ovviamente il calcio rimane uno sport, e a me serve per non ricordarmi ogni secondo in che Paese triste e deludente stiamo vivendo. Alla fine anche le vittorie più belle ritornano ad assumere il giusto valore, fino a quando ogni tanto non si decide di tornare bambini, come adesso:

UN, DUE, TRE....... STELLA


venerdì 27 aprile 2012

per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.


Il Presidente Napolitano a Pesaro ha detto che i partiti non sono da buttare, ma sono profondamente da riformare eliminandone il marcio dall'interno.

premesso che il Capo dello Stato ha una esperienza cinquantennale dentro un Partito (e quindi parla per partito preso);

premesso che sono stati gli stessi Partiti che oggi siedono in Parlamento ad eleggerlo al Quirinale;

premesso che Napolitano ha una statura politica che, morto Foa, solo Pietro Ingrao può pareggiare;

premesso che nessuno degli attuali leader politici ha minimamente nessun tipo di statura politica;

premesso che Napolitano non è Dio e la sua opinione, pur illustre. è un'opinione

Vedere i leader politici di sinistra, e su tutti Bersani, che alle parole del Capo dello Stato hanno visto uno scudo di difesa all'ondata di quella che ormai senza alcun senso viene chiamata antipolitica, è veramente triste, nonché termometro dell'incapacità della classe dirigente di questo Paese a capire che il loro tempo è finito.
Non sono finiti i partiti, la mia non è una battaglia contro i partiti, i partiti in se per se sono solo un'aggregazione di uomini e donne. L'art.49 della Costituzione recita: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".
Non dice come devono essere, che forma devono avere, e sottolinea solo l'importanza che il loro operato avvenga "con metodo democratico".

Il problema sono i politici, tutti? No, solo coloro che detengono le leve del potere in ogni livello decisionale, solo quelli che assecondano come servi fedeli i capibastione che perpetuano se stessi, le loro corti e le loro caste, solo quelli che assecondano i servi fedeli pensando che forse un giorno quella fascia di servo passerà sul loro braccio.

Poi ci sono donne e uomini che credono idealmente che la loro partecipazione al sistema dei partiti sia utile per il paese, l'ho pensato anche io fino a qualche mese fa. Poi mi sono chiesto a che cosa posso servire io un un partito che non darà mai spazio, non a chi la pensa diversamente su qualche tematica, ma a chi la pensa diversamente in merito a tutto il sistema. E mi sono risposto, IO SERVO per far dire ai padroni che il loro agire è democratico, che le minoranze hanno la facoltà di parlare, io sono stato una ruota che rende meno cigolante l'ingranaggio del sistema.

Non è solamente un problema di legalità, spesso nelle le più grosse porcate politiche non si configurano reati, ma è una questione di vero e unico senso civico, e pensare che i politici di oggi siano in grado di ravvedersi, illuminati sulla via di Damasco, di riformare dal loro interno il sistema,  è inutile ancor più di ridicolo.

Berlinguer aveva denunciato la questione morale oltre trent'anni fa, tutto ora è cambiato, in peggio........

Io non voglio essere incastrato per favoreggiamento, io faccio un voto..... ad oggi non voto


Di seguito la mai conversazione con un deputato PD che poi scopro essere il Tesoriere del Partito stesso. Ho commetntato il giubilo con il quale si festeggiava la proposta di Bersani di dimezzare il finanziamento pubblico dei partiti, ritenendo questa proposta demagogica, fuori tempo massimo, e incoerente con i voti dei Ds/PD degli ultimi venti anni, con i quali hanno quintuplicato i soldi che entrano nelle casse dei partiti:



  • Matteo Bastianelli senza pudore
    martedì alle 22.54 ·

  • Matteo Bastianelli ma vi rendete conto che le ultime 4 leggi che hanno quintuplicato i rimborsi elettorali dopo la cancellazione del referendum portano TUTTE la firma DS-PD. Incredibile faccia tosta.
    martedì alle 22.56 ·


  • Matteo Bonfanti ma piantatela di chiedere soldi, una politica seria non si fa per i rimborsi, ma per migliorare le cose!
    mercoledì alle 1.38 · · 
  • Matteo Bastianelli Nei due anni in cui ho guidato il partito a livello locale non è mai arrivato, e ripeto MAI, un soldo dal partito provinciale, regionale, nazionale. Mie le telefonate, di volontari le giornate a ristrutturare la sede, di volontari il tempo dedicato a iniziative e feste, ED E' GIUSTO COSI.
    Mi chiedo dove siano finiti i quasi 200 milioni di euro elargiti a PD ? Per la cronaca, ne sono stati rendicontati circa il 10%..

    mercoledì alle 7.55 · ·

  • Antonio Misiani Capire come sono stati utilizzati i rimborsi elettorali incassati dal Pd non è difficile: basta guardarsi i bilanci (tutti certificati da Pricewaterhouse Coopers) pubblicati sul sito Internet del Pd. Le nostre spese, per inciso, sono tutte rendicontate e certificate fino all'ultimo euro http://www.partitodemocratico.it/speciale/trasparenza/home.htm

    www.partitodemocratico.it
    Care amiche, cari amici, la trasparenza è un elemento fonda...Visualizza altro

    mercoledì alle 9.27 · · 3

  • Matteo Bastianelli I BILANCI???? CERTIFICATI?????? Ma tu li hai letti, hai letto le voci macro aggregate? Sai cosa hanno certificato quelli di Pricewaterhouse Coopers)? Che i ragionieri del PD sanno far bene una partita doppia!!!! Non possono entrare nel merito, non possono falro e forse non può farlo neanche lo Stato, dato che i Partiti ancora oggi sono associazioni privati..... Open your eyes

  • Matteo Bastianelli
    dalla proposta vergognosa di ABC sul finanziamento si evince che l'obbligo di sottoporre i bilanci al giudizio delle società di revisione si applica "a tutti i partiti politici e dunque non solo a quelli che hanno usufruito dei contributi per le spese elettorali". Tuttavia, "in mancanza di disciplina di attuazione dell'art.49, non essendo censibili tutti i partiti e i movimenti politici" esistenti "il controllo dell'adempimento degli obblighi sopra illustrati appare difficilmente realizzabile". Meglio poi, chiedono gli esperti, "valutare la congruità" di un'applicazione così ampia delle norme visto che l'obbiettivo è "accrescere il controllo" dell'utilizzo delle risorse pubbliche.



  • Antonio Misiani
    Matteo Bastianelli se la "vergognosa" proposta ABC diventasse legge l'Italia avrebbe la normativa più rigorosa d'Europa in materia di bilanci dei partiti. Tutti i cultori del genere letterario anticasta si sono sempre baloccati sul "quantum" dei finanziamenti destinati ai partiti, ma nessuno ha mai proposto nulla sulla questione cruciale della trasparenza, dei controlli e delle sanzioni. Ora una proposta c'è. Non va bene? Verrà migliorata in Commissione e in Aula. 



  • Matteo Bastianelli
    Sig. Misiani, io non pretendo di farle cambiare opinione e lei ha d'altronde ha tutto il diritto a credere che la proposta e gli slogan di Bersani siano la soluzione.
    Io continuo a credere, di fronte ad una oggettiva incoerenza dei comportamenti, che la classe dirigente del Partito Democratico difficilmente intercettera il voto degli "esuli in Patria", perché semplicemente non ne è capace, o forse non ha l'interesse a farlo.
    Inoltre la normativa più rigorosa d'Europa in tema di finanziamento pubblico dei Partiti, se eventualmente passasse la proposta ABC demolita dai tecnici della Camera, non sarebbe sivcuramente quella italiana, che si limita ad aggiungere qualche regola di trasparenza. Non basta. Anzitutto bisogna capire qual è il livello adeguato di risorse necessarie, se è vero che i partiti hanno speso negli ultimi 15 anni circa un quarto dei finanziamenti ricevuti. Trattandosi di rimborso spese, tali spese vanno documentate e i fondi vanno ripartiti in base ai voti ricevuti dalle liste. Se non bastano, dovranno provvedere iscritti e simpatizzanti stabilendo però un tetto alle singole donazioni.

    Finisco di disturbarla facendole gli auguri di buon lavoro, credendo alla sua buona fede, ma io di fronte a questa classe dirigente ho ormai saltato la barricata dello "speriamo che le cose migliorino", il PD non ha una direzione, non ha una base di riferimento, il suo bel gruzzolo di voti non raggiunge la somma di quel che furono DS e Margherita, e la forza propulsiva di quel sogno riformista è ormai affossata. I luogotenenti sono dei signorsi che si arrabbiano se poi il popolo non li capisce,

    mercoledì alle 22.17 ·


  • Matteo Bastianelli Sig. Misiani, una settimana fa sosteneva che senza l'ultima tranche del finanziamento il PD avrebbe dichiarato bancarotta!! Oggi si può addirittura rinunciare alla metà dei soldi (che non vi sono dovuti)?tu chiamale, se vuoi, COERENZA...


  • Antonio Misiani Matteo Bastianelli su FB ho postato il mio pensiero in risposta a quanto scritto da Il Fatto. La sintesi è: no alla cancellazione, sì alla riduzione. Cosa che ho ripetuto su l'Unitá e su molti altri media. Come puó capire anche un fanciullo, un conto é la totale cancellazione, un altro conto è una riduzione.
    Ieri alle ore 14.46 tramite cellulare · · 3

  • Matteo Bastianelli come può capire anche un fanciullo ve ne fregate dell'opinione pubblica e ancor peggio ve ne strafregate di 31.225.867 di italiani che nel 1993 dissero NO al finanziamento pubblico. Gravissimo per chi si propone di rappresentare il popolo sovrano
    Ieri alle ore 14.51 · · 2


  • Antonio Misiani Risposta legittima ma assai discutibile. Matteo Bastianelli: la riforma che proponiamo non è un semplice taglio, ma rivede tutto il sistema. Per rispondere in modo serio e non demagogico al tema di un finanziamento trasparente dei partiti politici

    Ieri alle ore 14.57 tramite cellulare · · 1

  • Matteo Bastianelliperché mai sarebbe demagogico affermare i principi base della democrazia? forse questo è assai discutibile e demagogico.
    Io poi nel merito le ho risposto, infatti non credo affatto che si riveda tutto il sistema come lei sostiene, per farlo occorre che i partiti siano organizzazione non private.
    Ma se continuiamo a darci dei demagoghi a vicenda io le faccio perdere tempo e lei mi fa rinsaldare convinzioni che non hanno bisogno di saldature

venerdì 20 gennaio 2012

"ma per fortuna o purtroppo lo sono"


Oggi è il compleanno di mia madre, e non scrivo questo post per farle un regalo virtuale o per piaggeria, non sono il tipo e (cosa ancor più importante) mia madre non ha la più pallida idea di cosa sia un blog. Lei è figlia di quel digital divide che non riguarda la mancanza di connessione veloce al proprio domicilio, ma il vero e proprio muro di divisione che riguarda molti di quelli che sono nati ben prima degli anni 70 e che hanno visto l’alba dell’era informatica con sospetto e spesso con paura di non essere all’altezza di imparare qualcosa di nuovo in un’età che non era quella scolare.

E’ ovvio che non tutti gli over 50 hanno rifiutato l’era internet, anzi, ne conosco qualcuno che quel muro di divisione l’ha buttato giù con dinamite e passione ed oggi non ha nulla da imparare dai ragazzini nati con il mouse nelle mani, ma è anche indiscutibile che la maggior parte degli italiani di quell’età (e anche più giovani), non hanno assunto dimestichezza con l’informatizzazione di massa per vari ragioni.

Questo che ho appena scritto è un luogo comune. Se scrivo che gli italiani vivono spesso per luoghi comuni non faccio che in realtà scrivere un luogo comune, perché i fatti vanno visti per quel che sono, con un riscontro sulla realtà che deve per forza staccarsi da ciò che è l’immaginario collettivo, altrimenti si rischia di ragionare sempre per quello che appare piuttosto che per ciò che è.

Non voglio scivolare nella filosofia spicciola né nella sociologia da bar, quello che voglio dire è che io stesso molte volte sono caduto nella tentazione di far passare ragionamenti e pensieri attraverso il binario che qualcuno ha costruito per noi: i media, la comunità internazionale, la cultura, la religione, noi stessi.
Quindi gli italiani sono santi, eroi e navigatori (e per dirla come Crozza oggi decisamente un po’ meno navigatori), gli italiani sono furbi e approfittatori, ma sono anche coraggiosi sull’orlo del precipizio. Gli italiani sono traditori e accoltellano alle spalle, gli italiani sono artisti e letterati, sono ignoranti e vigliacchi, gli italiani amano delegare ad un capo supremo le proprie debolezze e le proprie responsabilità.

Ecco, l’obiettivo di queste righe risponde alla mia personale necessità di urlare BASTA, mi sono veramente stancato di vedere trasformato ogni singolo evento in un dato di fatto collettivo. Se uno straniero che noi conosciamo abita in una casa popolare e non paga i libri dei figli, tutti gli extracomunitari saranno inevitabilmente tali e quali alla nostra esperienza, o ancor peggio, all’esperienza di qualcuno che ce l’ha raccontata per sentito dire da qualcun altro che a sua volta l’ha presa da un tale che era di passaggio.
Se un comandante abbandona la propria nave prima dei passeggeri, il comandante in questione diventa il simbolo di un Italia inetta e codarda, che pensa prima al proprio sedere piuttosto che alle proprie responsabilità, che gioca con il fuoco e che non ha nessuna cognizione di quel che può succedere se scoppia un incendio.

Se un signore seduto sulla propria sedia in un ufficio della capitaneria di porto urla  al comandante sopracitato di tornare a bordo della nave abbandonata, ecco allora questo signore diventa il contraltare di quello che dovremmo essere e qualche volta siamo, integerrimi, ligi al dovere, orgogliosi del nostro lavoro, addirittura eroi, o forse semplicemente bravi a comandare dalle vetrate di una stanza.
Se il nostro ex presidente del Consiglio amava e ama circondarsi di belle donne, fuggendo apparentemente dall’inevitabile arrivo della vecchiaia, ecco che allora che gli italiani hanno la classe politica che si meritano, goliardica e guascona e spesso priva di senso dello Stato.

Se qualcuno dice che i partiti di sinistra hanno di fatto compromesso quel rigore morale e storico che li vedeva godere di un’apparente superiorità morale, ecco che da quegli stessi partiti esce il grido che “non siamo tutti uguali”…….. Certo che non siamo tutti uguali, né a destra né a sinistra. Non serve la posizione della poltrona in Parlamento per evitare di diventare corrotti o corruttori. Non sarà mai una tessera di partito od una appartenenza fideistica ad esso che farà di qualcuno una persona migliore di un’altra.

I fatti, quanto sono lontani i fatti e quanto è invece pieno lo zaino delle opinioni da curva sud vs curva nord. Non c si può attaccare nemmeno ai numeri, la cognizione dei fatti ha bisogno di numeri e non di opinioni intossicate. Le opinioni poi uno se le dovrebbe fare dopo. Questo è il metro fondamentale per capire la realtà e fuggire dal relativismo della convenienza ed abbracciare il relativismo del dubbio.
Gaber e il suo “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono” ha ancora forte e lucida la contemporaneità di quel messaggio, e per primi dovremmo chiederci se davvero vale la pena continuare a vivere di luoghi comuni facendo finta che non ci siano e che non ci siamo mai stati.

Un libro che ho appena finito di leggere parla proprio di questo, e in un esempio concreto affronta il “problema” del familismo italiano. Si dice che i nostri giovani siano dei bamboccioni, giovani adulti incapaci di lasciare il nido dei genitori per non rischiare controvento l’avventura dell’indipendenza. A questa teoria fa da contraltare l’affermazione che è la crisi economica che costringe i ragazzi a chiudersi nelle proprie camerette anche quando il letto ad una piazza è diventato il giaciglio dei ricordi di bambino. E la verità dov’è? L’autore si è preso la briga di studiare le abitudini delle comunità di italiani emigrati all’estero, in Canada ed Australia per la maggior parte, ed ha visto che a parità di reddito con le famiglie della nazione ospitante, i figli degli italiani escono di casa con tre o quattro anni di ritardo rispetto ai propri coetanei e vicini di casa. Questo è un fatto e non più un luogo comune.

Ritorno e chiudo con la politica, quella politica che fa schifo e dove sono tutti uguali (non è cosi  che si dice?). Io ho fatto politica per un po’ e non erano affatto tutti uguali quelli che ho incontrato, né nel partito nel quale militavo né in altri partiti. C’erano sanguisughe affamate di potere e inetti affamati di notorietà, c’erano persone perbene e c’era chi ci credeva veramente. C’erano persone oneste e persone molto losche. Ho visto comportamenti degni di un azione giudiziaria e comportamenti degni del tribunale etico che spetterebbe a coloro che con il popolo si riempiono la bocca di pari opportunità e di meritocrazia e poi basano tutte le decisioni che contano con il metro dell’amicizia e della convenienza. Questo è quello che ho visto e come io ho valutato un fatto, dopo esserci entrato dentro ed averlo respirato con le mie narici. Adesso mi posso appoggiare sul bancone del bar e posso dire che per quel che ho visto io non sono di certo tutti uguali, ma la maggior parte non la farei entrare in casa mia…… per quel che ho visto io, e questa è un opinione.
I numeri ci dicono che il nostro Paese è affondato da oltre vent’anni e senza scatola nera ancora oggi si cercano i colpevoli, e questo è un fatto. Per le opinioni basta aprire i tg e riscoprirci tutti uomini di mare e trovare uno Schettino qualunque per sentirci migliori. Splash

Ps Auguri mamma (anche se non sai usare internet)

domenica 15 gennaio 2012

Caro amico ti scrivo


Passare da più di duemila amici su Facebook a poco meno di 300 è un'impresa davvero ardua, talmente difficile che si avvicina ad essere assimilabile ad un rompicapo senza soluzione. Già, perché eliminare il proprio profilo sul social network più famoso del mondo non è solo complesso, è praticamente impossibile.
Girano indicazioni di vario genere sui blog che promettono di spiegare come togliere definitivamente di scena il proprio palcoscenico virtuale per ritornare nell'oblio del silenzio informatico. Io le ho provate tutte, ma sfido qualcuno a venirsene fuori con la reale ed effettiva riuscita della soppressione dell'account, al limite ci si può permettere di disattivarlo temporaneamente, ma ciclicamente riappare online che lo si voglia o meno.

L'altra strada per "fare pulizie" del proprio elenco di pseudo amici è eliminarli ad uno ad uno, con il rischio di incorrere in rigurgiti di rancore da parte di chi si sente ingiustamente escluso dal girone dantesco degli amici per la sol colpa di non essere un amico.
Forse è la parola che trae in inganno, forse all'amicizia ai tempi del web si è cominciato a dare un valore più etereo e meno impegnativo. E' molto più semplice cliccare su un "mi piace" piuttosto che fare una telefonata o andare addirittura a trovare fisicamente una persona di nostro interesse per il sol piacere di farlo, per il sol piacere di passare del tempo con qualcuno che arricchisce la nostra vita grazie alla compagnia e non alla platea di un palcoscenico che più che virtuale spesso diventa virulento, perché tende a distruggere talvolta le relazioni umane che si basano sul contatto.

Tutto ciò non vuol essere un editto di inquisizione per il web (e per i social network in particolare), siamo tutti consapevoli del grande progresso scientifico, culturale, cognitivo e sociale che ha portato nel nostro tempo, ma come tutte le grandi scoperte e le immaginifiche innovazioni, ne esiste indubbiamente un risvolto a saldo negativo per quel che riguarda le implicazioni sociali e civili che la rete ha intrappolato nelle proprie maglie.

Siamo onesti, vi è mai capitato di incrociare uno dei vostri "amici" di Facebook e magari non salutarlo per strada perché lo si conosce a malapena? A me succedeva e forse succederà, ma l'obiettivo che mi porto dietro rispetto alla mia rivoluzione digitale 3.0 è quello di rendere il più reale possibile il mio mondo virtuale, perché solo così riesco effettivamente a sentirmi a mio agio, solo così riesco ad arricchire le relazioni umane che porto avanti nella vita vera, solo così mi è possibile gioire di giornate come quella di oggi, passata a condividere minuti ed ore con gente a cui vuoi bene e di cui senti il bene addosso, una sensazione che difficilmente passa attraverso i pixel di un monitor, a meno che dall'altra parte non ci sia uno di quei soggetti per i quali il valore alto dell'amicizia sicuramente non si riduce alla definizione da oratorio che si trova su Facebook.

Le poche righe che ho scritto rendono più piacevole l'idea che dove finiscono le mie mani cominci una tastiera, perché per i pochi che leggeranno queste frasi, sicuramente ci sarà qualcuno che verrà attraversato da una sensazione che solo l'amicizia sa trasmettere, la consapevolezza che ci si sente ricchi perché per qualcuno noi stessi rappresentiamo un tesoro di emozioni, valori e generosità.

Il tempo delle conoscenze è certamente indefinito e limitato dal tempo, ma tra il conoscere qualcuno e l'assegnargli un dito in quelle mani dove si contano facilmente le persone che hanno valore per la nostra vita ci passa un mare, e in quel mare difficilmente si cala una rete nella quale intrappolare un nuovo amico. Per far questo occorre arrivare alla terra ferma, dove il peso del nostro corpo e della nostra anima ritorna ad avere una consistenza maggiore rispetto a quel che succede in acqua.
Ogni tanto mi piace nuotare o navigare che dir si voglia, ma se devo scegliere preferisco di gran lunga camminare......

giovedì 12 gennaio 2012

A volte ritornano, pur non essendosene mai andati.....

A volte ritornano, pur non essendosene mai andati.....

A volte danno spazio al silenzio per meglio assaporare le parole, le frasi e la musica che gira intorno

A volte danno spazio al silenzio per la stanchezza che portano dietro le parole, specie quelle fuori posto e fuori luogo

A volte scrivono ma non lo fanno sapere, tengono per se diari di emozioni e sensazioni che in qualche occasione hanno diritto ad un solo spettatore, se stesso

A volte non hanno tempo per ritagliarsi un po' di tempo, schiacciati da impegni e responsabilità che si sedimentano una sull'altra creando piccole montagne dai piedi delle quali non è possibile volgere lo sguardo oltre l'orizzonte

A volte ritornano, non sul luogo del delitto come gli improbabili assassini dei romanzi gialli del primo Novecento, ma su reti che hanno la consistenza dell'etere

A volter non se ne vanno mai, perché andare è sempre un po' morire, ma rimanere fermi è quasi sempre agganciarsi a ciò che non ti permette di diventare oggi l'uomo che potresti essere domani.

Succede che a volte la routine, i cattivi pensieri, la melanconica tristezza dell'inverno, l'inebriante e travolgente seduzione della superficialità, si attachino alla nostra mente come quell'erba che trovavamo attaccata ai jeans di noi ragazzini, tutto il giorno a ricordarci di essere nati in campagna senza per forza portarci la campagna a casa.

Succede poi che oltre a se stessi ritorni anche la voglia degli altri, della condivisione e della pluralità di vedute, succede, come ora. E tutto diventa più leggero, come se si riuscisse in un istante a togliere zavorra dai pensieri, come se risalisse a galla l'indole che non riuscirai mai ad affogare, quella che porta a sentirti persona tra le persone.

il bello di tornare dopo un intenso viaggio, dove si sono succedute emozioni travolgenti e inquietudini inevitabili, è che si riesce meglio a mettere a fuoco ciò che ha riempito la tua vita fino all'altro ieri, e ti accorgi che i colori e i suoni di ciò che hai vissuto rimangono gli stessi, è la luce che li avvolge che rende il tutto meno saturo e più distaccato. Non si sente più il bisogno di condurre battaglie che prima erano fondamentali per esaltare significativamente la propria vita, non ne si sente il bisogno perché ci si rende conto che quelle battaglie miravano a mete di un viaggio che sarebbe diventato infinito, con finali che avrebbero aperto nuovi inizi. E' come se si fosse voluto colmare un vuoto senza rendersi conto che il vuoto stava proprio nel colmare continuamente l'anfora sbagliata, quella bucata dalle spine delle ambizioni effimere e dai rovi del potere temporale.
In quelle battaglie rimangono in campo tanti soldati, i loro mitra sparano a salve e i loro elmetti sono di cartone, ma loro sono convinti di star combattendo la terza guerra mondiale con i galloni del Generale.

Io diserto e mi incammino nel deserto, quel deserto che sarò io stesso a riempire di ciò per cui vale la pena vivere, e che da oggi in avanti non inquinerò con miraggi che nasconso da pensieri altrui. Nel mio deserto ci sarà tanto spazio per tante persone e ci sarà acqua per tutti, perché "Ciò che rende bello il deserto, è che da qualche parte nasconde un pozzo. (Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe)"