martedì 25 febbraio 2014

Un milione di piccoli uomini


Ora io mi chiedo, ma chi ve lo fa fare di rovinarvi la vita in questo modo?

Parlo di voi, voi che fate politica locale, politica da squattrinati con la quale non ci si arricchisce ma nella quale rimanete invischiati, convinti ormai di essere utili alla società, in realtà utili solo a voi stessi, per risparmiare sedute dallo psicanalista e usare il vostro impegno politico per far rifornimento di autostima, per sentirvi importanti benché impotenti.
Voi che perdete il contatto con il mondo reale non perché girate in Ferrari, ma perché riducete quella che una volta era la passione di una vita ad una vita misera, dove l'ipocrisia e i personalismi la fanno da padrone, dove non si battaglia più sui temi e sulle posizioni di principio, ma sui nomi e sulle antipatia, dove a parole si proclama merito e competenze ma il merito vero è quello della fedeltà alla linea, al capo, a chi vince.
Mi fate tristezza perché nemmeno voi vi rendete conto di quanto la politica vi abbia trasformato. Siete i figli non riconosciuti di un paese che non vi vuole più, perché la vostra colpa è riempirvi la bocca di parole e la faccia di contraddizioni. Non avete le palle per riconoscerlo e vi sbarazzate di qualunque giudizio che va in questa direzione con la convinzione che sia intriso di rabbia, antagonismo e invidia.
No cari miei, non vi invidio, non invidio chi per tirare a campare si inventa un leader da seguire piuttosto che un idea da perseguire. Non vi invidio ma provo pena, perché siete ormai completamente assuefatti dal vostro piccolo ruolo, pur essendo pedine, siete pedine in una dama dove le regole per muoversi sono quelle degli accordi sottobanco, delle riunioni di facciata, delle telefonate ipocrite, delle pugnalate alle spalle, dei sorrisi di circostanza e delle battaglie a salve.

Siete voi il vero cancro della politica italiana, perché voi siete la poltiglia nella quale la politica di alto livello sguazza, siete voi che permettete che una persona che fa una battaglia di slogan intrisi di cambiamento e lotte al potere costituito poi sia capace di rimangiarsi tutto, e pur di diventare Presidente del Consiglio se ne sbatte le palle se deve passare dalle strettoie dell'incoerenza e della mancanza di etica, del tradimento e della faccia da deretano.

Il fine giustifica i mezzi? dipende qual'è il fine e quali sono i mezzi. il mio fine è un ritorno all'etica ormai eretica, un comportamento dove le parole anticipano i fatti che seguono e i fatti si accompagnano a parole e comportamenti in assonanza tra loro.

Ma tutto questo è irrealizzabile con queste basi, con gente che fa battaglie che mettono al centro lo strumento (il partito) piuttosto che la gente e la giusta causa.

Non sono tutti cosi? Si, lo sono. Chi rimane dentro questa macchina diventa o inutile o ingranaggio, ed anche il più piccolo degli ingranaggi fa girare il mostruoso orologio del conto alla rovescia.

Cosa? tutti sono così, anche chi non fa politica? In tutti prevale l'interesse personale a quello sociale? Abbiamo la classe politica che ci meritiamo? Balle, la differenza enorme e fondamentale è che chi decide di fare politica dovrebbe mettere al centro delle proprie azioni ciò che va a vantaggio delle Comunità, dovrebbe far prevalere l'interesse pubblico e non il proprio e quello della propria bottega. Questo rende differente l'operaio, l'imprenditore, il pensionato, dall'uomo politico. Se i primi mettono l'egoismo e l'interesse per se stessi davanti tutto la cosa non mi piace ma non posso accusarli di nulla se non commettono illegalità, ma se l'uomo politico fa la stessa cosa io lo giudico sull'etica e sulla coerenza e non sulla legalità delle proprie azioni (per questo tu Renzi potrai anche fare miracoli ma la tua vigliaccata, il tuo peccato originale non scolorirà mai nemmeno di fronte ai risultati).

Non mi bagno di nichilismo e menefreghismo, non mi sento un populista nel gridare il mio schifo e sono convinto che solo con il venir meno di privilegi diretti ed indiretti tutto questo possa cominciare a cambiare, ma ancor prima occorre la libertà, quella libertà intellettuale che ti permette di non essere figlio di nessuno e che ti rende capace di prendere le decisioni più giuste piuttosto che quelle più utili. Spezzate quel cazzo di catene e ricominciate a vivere da uomini piuttosto che da marionette, e senza rendervene conto la vostra stessa vita comincerà ad acquistare un senso, quel senso che avevate in tasca all'inizio del voto percorso e che avete gettato nel cesso assieme alla vostra dignità.