venerdì 20 gennaio 2012

"ma per fortuna o purtroppo lo sono"


Oggi è il compleanno di mia madre, e non scrivo questo post per farle un regalo virtuale o per piaggeria, non sono il tipo e (cosa ancor più importante) mia madre non ha la più pallida idea di cosa sia un blog. Lei è figlia di quel digital divide che non riguarda la mancanza di connessione veloce al proprio domicilio, ma il vero e proprio muro di divisione che riguarda molti di quelli che sono nati ben prima degli anni 70 e che hanno visto l’alba dell’era informatica con sospetto e spesso con paura di non essere all’altezza di imparare qualcosa di nuovo in un’età che non era quella scolare.

E’ ovvio che non tutti gli over 50 hanno rifiutato l’era internet, anzi, ne conosco qualcuno che quel muro di divisione l’ha buttato giù con dinamite e passione ed oggi non ha nulla da imparare dai ragazzini nati con il mouse nelle mani, ma è anche indiscutibile che la maggior parte degli italiani di quell’età (e anche più giovani), non hanno assunto dimestichezza con l’informatizzazione di massa per vari ragioni.

Questo che ho appena scritto è un luogo comune. Se scrivo che gli italiani vivono spesso per luoghi comuni non faccio che in realtà scrivere un luogo comune, perché i fatti vanno visti per quel che sono, con un riscontro sulla realtà che deve per forza staccarsi da ciò che è l’immaginario collettivo, altrimenti si rischia di ragionare sempre per quello che appare piuttosto che per ciò che è.

Non voglio scivolare nella filosofia spicciola né nella sociologia da bar, quello che voglio dire è che io stesso molte volte sono caduto nella tentazione di far passare ragionamenti e pensieri attraverso il binario che qualcuno ha costruito per noi: i media, la comunità internazionale, la cultura, la religione, noi stessi.
Quindi gli italiani sono santi, eroi e navigatori (e per dirla come Crozza oggi decisamente un po’ meno navigatori), gli italiani sono furbi e approfittatori, ma sono anche coraggiosi sull’orlo del precipizio. Gli italiani sono traditori e accoltellano alle spalle, gli italiani sono artisti e letterati, sono ignoranti e vigliacchi, gli italiani amano delegare ad un capo supremo le proprie debolezze e le proprie responsabilità.

Ecco, l’obiettivo di queste righe risponde alla mia personale necessità di urlare BASTA, mi sono veramente stancato di vedere trasformato ogni singolo evento in un dato di fatto collettivo. Se uno straniero che noi conosciamo abita in una casa popolare e non paga i libri dei figli, tutti gli extracomunitari saranno inevitabilmente tali e quali alla nostra esperienza, o ancor peggio, all’esperienza di qualcuno che ce l’ha raccontata per sentito dire da qualcun altro che a sua volta l’ha presa da un tale che era di passaggio.
Se un comandante abbandona la propria nave prima dei passeggeri, il comandante in questione diventa il simbolo di un Italia inetta e codarda, che pensa prima al proprio sedere piuttosto che alle proprie responsabilità, che gioca con il fuoco e che non ha nessuna cognizione di quel che può succedere se scoppia un incendio.

Se un signore seduto sulla propria sedia in un ufficio della capitaneria di porto urla  al comandante sopracitato di tornare a bordo della nave abbandonata, ecco allora questo signore diventa il contraltare di quello che dovremmo essere e qualche volta siamo, integerrimi, ligi al dovere, orgogliosi del nostro lavoro, addirittura eroi, o forse semplicemente bravi a comandare dalle vetrate di una stanza.
Se il nostro ex presidente del Consiglio amava e ama circondarsi di belle donne, fuggendo apparentemente dall’inevitabile arrivo della vecchiaia, ecco che allora che gli italiani hanno la classe politica che si meritano, goliardica e guascona e spesso priva di senso dello Stato.

Se qualcuno dice che i partiti di sinistra hanno di fatto compromesso quel rigore morale e storico che li vedeva godere di un’apparente superiorità morale, ecco che da quegli stessi partiti esce il grido che “non siamo tutti uguali”…….. Certo che non siamo tutti uguali, né a destra né a sinistra. Non serve la posizione della poltrona in Parlamento per evitare di diventare corrotti o corruttori. Non sarà mai una tessera di partito od una appartenenza fideistica ad esso che farà di qualcuno una persona migliore di un’altra.

I fatti, quanto sono lontani i fatti e quanto è invece pieno lo zaino delle opinioni da curva sud vs curva nord. Non c si può attaccare nemmeno ai numeri, la cognizione dei fatti ha bisogno di numeri e non di opinioni intossicate. Le opinioni poi uno se le dovrebbe fare dopo. Questo è il metro fondamentale per capire la realtà e fuggire dal relativismo della convenienza ed abbracciare il relativismo del dubbio.
Gaber e il suo “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono” ha ancora forte e lucida la contemporaneità di quel messaggio, e per primi dovremmo chiederci se davvero vale la pena continuare a vivere di luoghi comuni facendo finta che non ci siano e che non ci siamo mai stati.

Un libro che ho appena finito di leggere parla proprio di questo, e in un esempio concreto affronta il “problema” del familismo italiano. Si dice che i nostri giovani siano dei bamboccioni, giovani adulti incapaci di lasciare il nido dei genitori per non rischiare controvento l’avventura dell’indipendenza. A questa teoria fa da contraltare l’affermazione che è la crisi economica che costringe i ragazzi a chiudersi nelle proprie camerette anche quando il letto ad una piazza è diventato il giaciglio dei ricordi di bambino. E la verità dov’è? L’autore si è preso la briga di studiare le abitudini delle comunità di italiani emigrati all’estero, in Canada ed Australia per la maggior parte, ed ha visto che a parità di reddito con le famiglie della nazione ospitante, i figli degli italiani escono di casa con tre o quattro anni di ritardo rispetto ai propri coetanei e vicini di casa. Questo è un fatto e non più un luogo comune.

Ritorno e chiudo con la politica, quella politica che fa schifo e dove sono tutti uguali (non è cosi  che si dice?). Io ho fatto politica per un po’ e non erano affatto tutti uguali quelli che ho incontrato, né nel partito nel quale militavo né in altri partiti. C’erano sanguisughe affamate di potere e inetti affamati di notorietà, c’erano persone perbene e c’era chi ci credeva veramente. C’erano persone oneste e persone molto losche. Ho visto comportamenti degni di un azione giudiziaria e comportamenti degni del tribunale etico che spetterebbe a coloro che con il popolo si riempiono la bocca di pari opportunità e di meritocrazia e poi basano tutte le decisioni che contano con il metro dell’amicizia e della convenienza. Questo è quello che ho visto e come io ho valutato un fatto, dopo esserci entrato dentro ed averlo respirato con le mie narici. Adesso mi posso appoggiare sul bancone del bar e posso dire che per quel che ho visto io non sono di certo tutti uguali, ma la maggior parte non la farei entrare in casa mia…… per quel che ho visto io, e questa è un opinione.
I numeri ci dicono che il nostro Paese è affondato da oltre vent’anni e senza scatola nera ancora oggi si cercano i colpevoli, e questo è un fatto. Per le opinioni basta aprire i tg e riscoprirci tutti uomini di mare e trovare uno Schettino qualunque per sentirci migliori. Splash

Ps Auguri mamma (anche se non sai usare internet)

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