lunedì 24 ottobre 2011

Solo nel sole di una canzone


Avevo 15 anni e me ne stavo in una fila di mezzo di un'autobus che ci ostinavamo a chiamare Corriera, per sentirci più grandi e più importanti. Tornavamo da Tivoli nella nostra prima gita da liceali d'assalto: sorrisi smaglianti, sguardi ombrosi, ricercati e aria fresca e irriverente che contraddistingue una fase di vita irripetibile, come tutte le fasi di vita d'altronde!

Qualcuno già cominciava a fumare, qualcun'altro cominciava a studiare da ribelle e qualcuno cominciava a studiare e basta. Tivoli ci aveva lasciato dentro il fascino e l'impertinenza della nostra grandezza Italiana, ci aveva gratuitamente donato la sua scenografia per il nostro show, lo spettacolo della nuova avventura che conclude il primo anno tra i banchi dei "grandi", e noi l'avevamo accolta a piene mani, respirando a pieni polmoni l'emozione di non emozionarsi per sentirsi onnipotenti.

E poi è arrivato lei..... no, non una donna, ma una canzone, una canzone che portava il sole dentro, letteralmente. La cantava un ragazzo con una chitarra, e attorno a lui, nel prato dei giardini di Tivoli, ragazzi e ragazze che si lasciavano andare a quelle corde che emanavano musica balbettante, ma che alle mie orecchie sembrava la più bella delle melodie mai sentite.
Il ragazzo diceva che suonarla era facile, che si trattava in fondo di solo tre accordi che si ripetevano continuamente(e io che pensavo che gli accordi fossero solo quelli tra me e mio padre per portarmi a casa una paghetta che oggi apprezzo decisamente più di ieri).

Era facile, e per questo bellissima. Era moderna, e per questo immortale. Era semplice, e per questo apprezzata da tanti. Era coraggiosa, e per questo non strizzava l'occhio al tormentone di un ritornello che se ne andava giù in gola come l'acqua fresca in un afoso pomeriggio di maggio, quando l'estate è ancora dietro le colline ma i suoi colori sembrano non voler rispettare tempi e temperature.

Era ed è ancora lei, LA CANZONE DEL SOLE, la canzone delle bionde trecce e del mare nero, della mano che non vuole fermarsi e delle biciclette abbandonate, di una bambina che diventa donna e della paura del cambiamento, la canzone con tutto dentro e con niente fuori.

L'ho fatta vivere dentro di me per quell'intero pomeriggio, e poi, una volta a casa ho chiesto a mio padre di chi fosse. Non c'era Internet, eMule, Wikipedia, ma c'era però la cara vecchia enciclopedia cartacea pagata a rate, e lì ho trovato il nome di colui che ha segnato l'adolescenza mia e di tanti altri adolescenti nati in anni diversi, ma passati tutti o quasi per le sue note, le sue parole, la sua voce monocorde unica e stonata, ma assolutamente fantastica, lui era ed è Lucio Battisti, il costruttore di sogni. Poi arrivava l'architetto che quei sogni li realizzava, Mogol. Insieme sono stati una pagina non più percorribile della musica e della cultura italiana, a metà strada tra gli abbronzatissimi e le canzoni con Dio che è morto. Unici nel loro genere e per questo ancora oggi vivi.

La Canzone del Sole ha 40 anni, c'era prima di me e ci sarà dopo di me, mentre Lucio non abita più questo mondo da qualche anno. Imparai della sua morte all'università, si navigava per le prime volte su internet e non nel mare, ma quella notizia il mare lo fece diventare davvero nero e bloccò i poveri modem a 56k che si affacciavano sul Mondo dell'informazione di massa. "Lucio Battisti è morto", ma in fondo lo era da tempo, "quel Lucio Battisti", quello di Battisti/Mogol e dei duetti con Mina era ormai un eremita che aveva (forse giustamente) abbandonato un mondo che era diventato sempre più patinato e finto e sempre meno aperto ai geni come lui. Lucio era genio perché era avanti, coltissimo, "perchè passava il tempo non come i dilettenti a creare, ma ad ascoltare", come ha raccontato di lui il suo vecchio amico Mogol.

Se ne era andato ancor prima di farlo sul serio, e senza disturbare aveva rivoluzionato il mondo della musica italiana per sempre, fino al punto che un giorno un ragazzo biondo, senza trecce ma con la fiamma accesa nel fondo degli occhi, decide di pensare e ripensare a quel giorno di quasi vent'anni fa, con un sottofondo unico che finisce così: 

"Il sole quando sorge, sorge piano e poi
la luce si diffonde tutto intorno a noi
le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi
e cespugli ancora in fiore
sono gli occhi di una donna
ancora piena d'amore"

Da solo nel sole di una canzone che è un raggio di vita di ognuno di noi, perché le canzoni sono come le poesie, appartengono a chi le ascolta e non solo a chi le scrive...

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