domenica 9 ottobre 2011

A me non resta che scriverlo: GOL

Ho fatto più di otto ore di auto per andarmi a gustare la partita della mia squadra del cuore contro i campioni d'Italia in carica, una partita di cartello come si dice in gergo da radiocronaca, una partita che aveva tra i suoi richiami attrattivi la curiosità di giocarsi in un nuovo stadio che è da tutti dipinto come un teatro per il calcio, un piccolo gioiello di architettura e design pensato per il pubblico ancor prima che per i calciatori.

Erano passati più di vent'anni dalla mia prima volta in uno stadio, e ricordo ancora oggi l'emozione di trovarsi da ragazzino a tu per tu con un Evento. Vedere dal vivo (live come si direbbe oggi) i propri beneamini era un emozione che nella testa di un adolescente non poteva che diventare un miscuglio di tensione, voglia di vincere e timore di perdere.
Il boato della folla, le decine di telecamere e flash fotografici, le centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa, i vip e gli aspiranti tali che raggiungevano le tribune quando tu eri ormai al tuo posto da più di un'ora, e loro, i calciatori, così lontani nonostante il caro biglietto, ma così vicini nel cuore di chi ama il gioco del pallone, e poi? E poi si cresce......

Non nego di essermi goduto la serata e la bellissima vittoria della mia squadra, non racconterò mai di non essermi sentito vent'anni addosso anche solo per venti secondi, ma quello che ho lasciato sui seggiolini di plastica delle tribune di quel bellissimo Stadio è la sensazione che in me qualcosa è cambiato definitivamente, sensazione che diventa certezza se riesco a sgomberare da tanti steriotipi la mia mente. Non che io voglia scendere dalla tribuna nella quale mi trovavo per accomodarmi in tribunale, non si giudica nessuno, cerco solo di capire me stesso per capire il mondo.

Più divento grande, più quello che ti sembrava grande un tempo cambia forma e diventa piccolo. Non distingui più così le stelle del calcio e vedi uomini che sanno fare il loro mestiere, chi più chi meno, e vedi uomini che nonostante i mugugni sugli stipendi degli sportivi del calcio sono lì a scaldarsi il cuore e la voce per un gol che vale un'emozione. 

Non si tratta dell'incapacità di vivere l'età adulta con gli occhi da bambino, è semplicemente la consapevolezza che quello che una volta ti sembrava la cosa più importante del mondo si è spostata dal campo da calcio, dal palco di un concerto, dallo schermo di un televisore e si è avvicinata alla tua persona, ha bussato al tuo petto e con disinvoltura ed eduzazione è entrata dentro di te, e tu l'hai fatta entrare.

Lo sport diventa cosi un piacevolissimo passatempo, e rinasce negli spalti di uno stadio dove per la prima volta nella mia vita non ho sentito scoppiare petardi e non ho visto partire fumogeni, non ho visto carabinieri e celerini a guardia di pseudo tifosi pronti a svestire i panni dei somari infrasettimanali per mascherarsi da leoni domenicali. E ho visto tanti bambini. E mi sono ritrovato più a guardare quella che per me era una novità rispetto al bellissimo gioco della mia squadra del cuore, e sono diventato triste. L'assuefazione è la più pericolosa delle armi di distrazione di massa, pian piano ciò che non è normale in una società civile viene lentamente digerito e reso commestibile dalla reiterazione, e come per una evoluzione sociale (che in realtà è un vero e proprio declino culturale), ci si adatta a ciò che si vede per troppo tempo.
Oggi io esulto come un ragazzino per un gol, ma trasudo da ogni poro la voglia di vedere in un campetto di periferia l'essenza dello sport. Vorrei avere il potere di togliere il volume con un telecomando a quei genitori che incitano i propri figli come se dovessero superare un'operazione chirurgica, vorrei cancellare le fatture gonfiate che servono più alle aziende "sponsor" che alle società sportive, gli stipendi in nero chiamati rimborsi, il dilettantismo vestito da professionismo che di professionistico ha solo l'ambizione.
Vorrei che il calcio diventasse più povero non in termini economici, ma nell'atteggiamento, vorrei che un calciatore non si sentisse in dovere di chiedere soldi per giocare nelle ultime categorie esistenti come non se lo sogna un pallavolista o un ginnasta, e vorrei che nessuna società sportiva rompesse l'equilibrio del "qui si gioca per passione, non per denaro". Vorrei che i tanti giocatori che, al contrario mio, hanno avuto piedi buoni, potessero prendere il sopravvento su chi ha contribuito a rendere il pallone con il quale passavamo la nostra infanzia la pezza di stracci con la quale ancora oggi non si restituisce alla dimensione sportiva quello che è sport.

Poi, come per incanto, non mi sentirò più in colpa per non essere come allora, perché oggi non sono meglio o peggio, sono diverso, perché a crescere non sono stati solo i miei occhi, ma tutto quello che guardano attorno. Non ho perso la capacità di emozionarmi e non sono diventato un precoce vecchio cinico, mi emoziono per situazioni che un tempo non riuscivo a scorgere e che non hanno bisogno di titoli di giornale e manifestazioni di massa, e mi emoziono perché ancora so emozionarmi, e non voglio smettere.......
Scrivere mi emoziona, sono un medianaccio nenache particolarmente brillante, non gioco per i tifosi ma per il piacere che mi provoca farlo. Qualcuno ha la fortuna di saper fare gol, a me non resta che scriverlo: GOL

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