giovedì 3 novembre 2011

Con Conoscenza e Coscienza

Il carbonaro Santoro si rifugia in 'gran segreto' sul web e tra le pieghe di antenne satellitari ed emittenti locali per salvaguardare (a suo dire) almeno un'ultima isola di informazione libera, di verità. Come fu con Raiperunanotte e successivamente con Tuttinpiedi. Sarà un grande successo. ciò che si voleva silenziare sarà detto, ciò che non si doveva mostrare sarà mostrato.

Il vuoto da colmare in quest'Italia rimane l'eterno vuoto di sapere. Stasera come ieri e come domani sapremo che la Casta non ha smesso di essere tale, che gli operai continueranno ad essere senza un lavoro. E quel che è peggio, dimenticati. Siamo ormai abituati a sentire storie come queste, quelle di chi ci chiede di tirare la cinghia e l'unica cosa che si tira per sé sono le ire funeste di quel popolo che ancora si vuol bue. Abbiamo visto tutto, gridiamo su piazze reali e virtuali che siamo stanchi e che non ne possiamo più ma in questo eterno momento non succede nulla che possa far girare repentinamente la nostra testa per rubarci l'attenzione che merita il futuro, quando arriva all'improvviso dopo che lo aspetti da mesi, anni, lustri.

E ripenso a Mario Monicelli, che di Santoro fu ospite più di un anno e mezzo fa, nella prima incursione fuori da mamma Rai per l'ex conduttore di Annozero.
Riprendo in parte ciò che scrissi qualche mese fa, (ancora non ero un blogger), con la voglia di fissarlo tra le pagine di questo sperduto post perché le parole del regista ancora oggi mi scavano l'anima come una goccia nella roccia:

Monicelli invita ad abbandonare la speranza e ad abbracciare la rivoluzione. Non una 'rivoluzione culturale' o comunque sia 'democratica', come quella che riuscì tanto bene ad Allende in Cile, e che pure sarebbe auspicabile (per quanto noi non siamo certo il Cile di Allende, dove gli operai delle miniere di rame scioperavano leggendo le poesie di Neruda. Con Neruda. Noi siamo l'Italia degli operai dell'Eutelia o di Termini Imerese, ugualmente degni, per carità, ma che gli va di lusso se riescono a farsi invitare a San Remo, con la Clerici!). No, una rivoluzione vera, di quelle dove si tira il grilletto e qualcuno finisce appeso a testa in giù sulla pubblica piazza. [.....] Monicelli poi, dopo un lieve sospiro e le palpebre che tradiscono uno sguardo deluso, afferma che una rivoluzione del genere è impensabile in Italia, specialmente adesso. Perchè "per tirare il grilletto e sperare di vivere abbastanza a lungo per raccontarlo, non basta essere incazzati, ci vuole qualcos'altro. Ci vuole la fame. Quella che non ti lascia alternative. L'unica forza che ha il potere di unire i disperati sotto un'unica bandiera". 

L'avvilimento e la rabbia di Monicelli, forse è proprio questo che mi lascia la bocca amara a distanza di mesi. Premesso che spero che il grilletto non sia premuto né da giustizieri né da bersaglieri di nessuno stampo, penso che per lui fu molto difficile accettare che settantacinque anni di sforzi compiuti per tentare di far capire la gente, di farla ragionare, di metterla di fronte alle proprie contraddizioni ed ai propri limiti oltre che, ovviamente, di emozionarla, si fossero risolti nella vacuità di un uomo aggrappato al potere e nell'immobilismo di una stagione che da trent'anni sembra non debba finire mai.
 
Credo che se questo stato di cose dovesse essere sconvolto da un cambiamento economico radicale (default o bancarotta), si rischierà davvero di precipitare nella fame, di ritornare al via come al Monopoli, con gli italiani, normalmente proni ad ogni tipo di presa per i fondelli, che si faranno nuovamente girare le scatole e allora si che i grilletti rischieranno di essere premuti.

Sono partito da Santoro, sono passato per Monicelli e tocco anche Pasolini, il quale affermava che "in Italia tutto è a mezzo", come a dire che l'eterna incompiuta è vestita da sempre di tricolore.
Per arrivare alla fine occorrerebbe cominciare col prendere l'abitudine a fuggire dal tempo dell'inganno universale, cominciare ad essere rivoluzionari riponendo armi e brandendo verità, e se c'è la verità, la libertà non può essere tanto lontana.

Basta non credere che per accendere la fiamma del cambiamento sia sufficiente guardare in tv una trasmissione "alternativa", o magari leggendo manuali improvidi lontani dai giornali dei benpensanti. Per essere davvero liberi occorre conoscere, sapere, battere e controbattere, e mai limitarsi a fare "copia e incolla" di notizie da animapopolo e di frasi che si abbinano bene all'arredamento del bar. La vera arma di distruzione di massa è la Conoscenza, una delle poche amiche utili della Coscienza. Entrambe ci rendono liberi ed entrambe ci rendono capaci di comprendere che la conoscenza non va esportata con la forza (come qualcuno fa con la democrazia), ma va coltivata con l'amore col quale si coltiva una pianta fragile e delicata, che col tempo assume le nostre sembianze. Occorre dedicargli tempo ogni giorno, senza mai pensare di averlo fatto abbastanza, perché se non si finisce mai di imparare, non ci si sazierà mai di stupirsi.

1 commento:

  1. Ho letto, benché tu volutamente stasera non mi abbia reso "tua platea" (forse so anche il perché...). Impeccabile come al solito e sempre piacevole da leggere. Leggerti è per me colmare la mia "ignoranza" di tecnico per stupirmi di quanto tanto di altro affascinante c' è intorno.
    Tua Isy.

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