lunedì 7 novembre 2011

"guai a chi prova a dire che noi non siamo credibili"

In piazza, in piazza, in piazza a manifestare. Poco importa che si rischia sempre di perdere una "i" è quella piazza potrebbe diventare pazza, ma questo succede solo raramente (per fortuna) e sempre quando c'è la volontà che succeda.

La piazza "normale" è bellissima e rimane e rimarrà sempre l'occasione di vivere la gente e le persone per quel che sono e che meritano, lontano dalle cornici delle loro case e vicino all'essenza della loro interiorità.
La piazza è seducente perché tante persone in un posto solo ti mettono al riparo, ti rassicurano, ti convincono, specie se il motivo dell'adunata di piazza nasce dentro le proprie radicate idee e nella speranza che tutto questo serva  a farle uscire da se stessi e a portarle nella concretezza delle stanza dei bottoni.

La Piazza, quando non ha a che fare con la violenza, non si schernisce mai,  non la si critica mai e la si rispetta nella totalità di essa e in ogni singola persona che decide di scenderci piuttosto che rimanersene comodo a casa o costretto al lavoro. Le manifestazioni di piazza, di qualunque colore, quando hanno alla base messaggi pacifici ma anche decisi, sono la storia del percorso democratico di tanti paesi.
Anche i partiti hanno il diritto e il dovere di stare in piazza, come ha fatto il Partito Democratico sabato scorso, e farlo con quella convinzione e con quella serietà da merito alle persone che hanno di fatto impresso significato a quel momento collettivo, che diventa appunto significativo proprio perché fatto in collettività.

Ora però non credo sia reato di lesa maestà poter guardare alle motivazioni politiche che stanno alla base di molte di queste manifestazioni, sempre nel ripetto di organizzatori e partecipanti (che poi diventano la stessa cosa perché chi partecipa organizza e realizza di fatto l'evento).
La piazza che ho visto io in diretta quasi integrale era una piazza di gente perbene, di militani, era un richiamo di Bersani all'orgoglio di essere del partito di opposizione più grande. Era il tentativo di dire con il megafono e non solo con il microfono il famoso leit motiv "Berlusconi si deve dimettere".
E' stata insomma una piazza di "fedeli", di tesserati e simpatizzanti, che non ha certo richiamato quel 30% e oltre di cittadini che hanno dato ormai per scontato che non andranno a votare alle prossime elezioni, indipendentemente da quando ci saranno. E' stata una piazza di richiamo alle armi di chi ha già le idee chiare, di chi ha voglia di sentirsi dire dal suo capitano che nessuno ha il diritto di prenderli e di prenderci in giro.

E' stata anche a mio modo di vedere, una piazza in difesa, ossia a difesa della propria riserva, di quel 26, 27 o 28% di chi andrà a votare PD (tra quelli che andranno a votare) alle prossime elezioni, è stata la volonta di piantare chiodi più forti e decisi alla riserva indiana che, pur grande che sia, rimane una riserva, e che in quelle piazze e con quelle piazzate mai riuscirà ad aprire steccati piuttosto che a serrarli.

La passione per la politica che ha mosso la quasi totalità dei partecipanti al raduno di Roma non è in discussione, semmai lo è l'uso dello strumento e l'obiettivo che esso si poneva, semmai lo è un discorso di Bersani deludente e già sentito ancor prima che cominciasse a farlo, semmai lo è la linea di difesa che ha fatto da filo conduttore a tutta la prima parte del comizio del segretario del PD. Quel "guai a chi prova a dire che noi non siamo credibili" che già di per se ammette la debolezza della non credibilità del messaggio di chi critica il governo da sempre, ma fa fatica a essere visto come alternativa. Lo è il credere che fischiare Renzi sia comprensibile e non si spende una parola per dire invece che è sbagliato. E' in discussione poi il fatto che continuare a serrare le fila per sentirsi più forti e prendersi visibilità, alla lunga depotenzia lo strumento stesso dello "scendere in piazza" e ottiene l'effetto di trovare amici di percorso tra quelli che già c'erano senza aggiungerne nemmeno uno di quelli che un tempo c'erano o di quelli che non ci sono mai stati.

Berlusconi cadrà, ma non saranno le spallate di Piazza San Giovanni a farlo abdicare né le richieste di Bersani, saranno i mercati e i signori delle Banche, sarà il famigerato spread, sarà l'Europa a farlo cadere, perché l'Italia non c'è riuscita da sola.... Bum (onomatopea di auspicio di caduta)

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