domenica 27 novembre 2011

Per favore, spegniti!


Mi capita qualche volta di assistere al bar alla partita della mia squadra del cuore. Lo ammetto, siccome nessuno è perfetto (ma per molti non è difetto), io ho un pezzetto di cuore anche per il tifo sano nei confronti di undici ragazzi che corrono dietro un pallone, ma non è di questo che voglio parlare.

Approfitto della mia frequentazione serale da cliente da bar per tornare sul precedente post, il quale parlava della manifestazione svolta a Fermignano a sostegno del rispetto reciproco tra istituzioni e cittadini. Non un inno al libertinaggio, al vivere licenzioso e dissoluto, ma un riconoscersi e riconoscere il rispetto delle regole e del buonsenso come unico collante di una società tanto sfilacciata.
Ecco, tra i tavoli di quel bar, non solo ieri sera ma anche altre sere, quell'autoregolarsi e regolamentarsi non l'ho visto in alcuni. L'ora era ancora non affatto piccola e i bicchieri man mano più grandi, fatto sta che l'impressione che mi sono fatto (e confermato), è che a tutt'oggi l'alcol rimane il problema più impattante e devastante di una fascia sociale che comincia sempre più nell'adolescenza e si dilata ancor più nella maturità (solo anagrafica).

Sia chiaro che la maggior parte delle persone che ho incrociato erano "normali", ma per una buona fetta del resto dei clienti credo che si possa parlare apertamente di qualcosa che era l'anticamera all'ubriacatura. Io non sono un proibizionista, non lo sono mai stato, sono per il libero arbitrio ma ancor meglio per il buon uso di esso. Ieri sera non ho potuto godere di una bella serata (al di là del lato prettamente sportivo) semplicemente perché qualcuno ha deciso che il suo diritto ad essere "fuori dalle righe" fosse più legittimo del mio diritto a passare una serata tranquilla.

Non credo affatto che quello che sto scrivendo sia in contrasto con quello che ho scritto circa una settimana fa, ma anzi sto cercando di ribadire che non si può pretendere il rispetto dalla Forze dell'Ordine e dalle Istituzioni magari scambiandolo per un indiscriminato "tana libera tutti".
Non entro neanche nel merito di possibili frasi del tipo "in fondo siamo stati tutti ragazzi, e chi non si è fatto mai una bella sbornia!"..... Io credo che ognuno del proprio corpo possa fare e disporne come meglio crede, ma questo non gli può permettere di intaccare l'inviolabile vincolo non scritto del rispetto e della dignità nei confronti delle altre persone, nei confronti della società in cui vive e della quale fa parte, volente o nolente.

La mattina arriva in soccorso a questi miei pensieri con un articolo nei quotidiani locali dove si afferma che su una sessantina di controlli effettuati nelle notti tra giovedi, venerdi e sabato dalle autorità competenti, sono state ritirate una ventina di patenti dopo aver sottoposto i guidatori alla prova dell'alcoltest. Realmente, non sono un medico per poter affermare se i parametri legislativi di tollerenza all'alcol siano troppo rigidi, ma so che ci sono delle leggi, e so che troppe volte questo benedetto Paese, l'Italia, si è abituata a vivere "in deroga".

So che un ragazzo in settimana quasi ci ha rimesso la vita per aver incontrato nella sua brutta giornata qualcuno che aveva deciso di vivere "in deroga" al buonsenso ancor prima che alla legge, scambiando la propria auto come il divano sul quale smaltire l'alcol in eccesso nel proprio corpo. So che non una sola vita umana può essere messa a rischio deroga da chi coscientemente decide di mettersi al volante dopo aver alzato troppo il gomito, per questo mi riconosco pienamente nell'introduzione del reato di "omicidio stradale", uno delle ultime proposte di legge lanciate dal governo precedente.
La vita non può essere a rischio deroga e non può esserlo, con meno enfasi ma con ugual convinzione, il diritto alla normalità di vivere la propria cittadinanza in piena armonia con il resto degli abitanti del proprio Paese.

Ieri, ad un certo punto della serata ho chiesto a mia moglie di alzarci e andarcene, nonostante la bellissima partita, lei mi ha convinto a restare, ad essere tollerante oltre che paziente. Lo sono stato paziente, ma in cuor mio posso forse tollerare la maleducazione di una sera, la sua reiterazione che diventa abitudine no, l'uso di essa che sfocia nell'abuso del buonsenso no, neanche per una sera. Poi va da se che l'alcolismo è una malattia sociale e che l'abuso di alcol in serate predeterminate forse non è che la sua anticamera, fatto sta che per una volta, in tanti, abbiamo chiesto di non spegnere Fermignano.
Oggi vorrei che ora in un numero ancor più importante chiedessimo al nostro vicino rumoroso e maleducato (nonché avvinazzato) di limitarsi per non limitare il nostro diritto a vivere le serate da ballo anziché da sballo, da calcio anziché da calci (metaforicamente nel sedere dei diseducati), vorrei insomma che dicessimo a colui che decide di non avere buonsenso: per favore, spegniti! Altrimenti anche lui e quelli come lui saranno coloro ai quali dovremmo imputare le luci spente in questo claudicante Paese.

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